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Economia San Bonifacio / Corso Venezia

I termomeccanici scendono in piazza per protestare contro i tagli annunciati sulla busta paga

Ferroli, Riello e Sime intendono disdire i contratti integrativi, raggiunti dopo circa quarant'anni di negoziazione, togliendo così ad ogni operaio 8 mila euro all'anno dallo stipendio

Circa quattrocento dipendenti dell'azienda Ferroli, con l'aggiunta di alcune delegazioni di Sime, Riello e altre aziende del settore hanno sfilato ieri per le vie di San Bonifacio, insieme a sindacalisti, sindaci di diversi Comuni dell'Est Veronese, vari consiglieri regionali e parlamentari veronesi, per protestare contro la decisione della stessa Ferroli, ma anche Riello e Sime, di disdire i contratti integrativi, raggiunti dopo circa quarant'anni di negoziazione. La crisi del settore termomeccanico quindi non sembra volersi arrestare. 
Per l'azienda di San Bonifacio tale provvedimento è una necessità non più prorogabile e che costerà ad ogni lavoratore 8 mila euro all'anno in meno in busta paga.  "Se non verrà garantita ai dipendenti almeno la parte alta della busta (i premi di produzione e il superminimo collettivo) ci rivolgeremo al giudice - ha affermato Massimiliano Nobis, segretario della Fim Cisl, al quotidiano L'Arena - Questo rischia di essere un pericoloso precedente anche per le altre aziende, che hanno già annunciato la disdetta dell'integrativo: la Sime a partire da marzo e la Riello da giugno". Il segretario della Fiom Cgil, Stefano Zantedeschi, vede invece una strategia da parte delle tre aziende, che "insieme hanno deciso di ridurre gli stipendi, in modo da evitare il dumping e scaricando sul basso la crisi dovuta alla mancanza di investimenti degli ultimi anni". Un argomento sul quale anche i segretari generali di Cisl e Cgil si concentrano: "Non è possibile che un'azienda da mille dipendenti non faccia ricerca per portare prodotti innovativi su un mercato che ormai è globale - asserisce Massimo Castellani della Cisl - Oggi servono caldaie e sistemi di riscaldamento che obbediscano alle esigenze internazionali". Secondo Michele Corso della Cgil quindi "è necessario aprire al più presto un confronto vero su come affrontare la crisi del settore: non possiamo perdere queste tre aziende, ne va dello sviluppo del territorio". Sull'ipotesi di un confronto si è espresso anche Roberto Fasoli, consigliere regionale Pd, presente alla manifestazione con i suoi colleghi Franco Bonfante, Pd, e Stefano Valdegamberi, Futuro Popolare: "Come vicepresidente della commissione regionale Attività produttive, ho suggerito di aprire un tavolo in Regione, perché la questione è un tema nazionale e dall'esito di queste vertenze si gioca il futuro del settore in Italia".
Conclusa la sfilata di protesta e il confronto con i sindaci dei paesi interessati, i parlamentari scaligeri presenti si sono impegnati a verificare se esistano risorse disponibili per consentire alle aziende del termomeccanico di investire in ricerca e sviluppo. "C'è un problema immediato da risolvere per non creare precedenti, - afferma Alessia Rotta del Pd sempre al quotidiano L'Arena - che è quello della disdetta dei contratti integrativi, ma più in generale va creato un tavolo di discussione per capire quale può essere lo sviluppo futuro del comparto". Secondo Mattia Fantinati del Movimento 5 Stelle occorre "puntare sulla ricerca. Il lavoro è cambiato e anche i prodotti vanno cambiati. Bisogna avere il coraggio di provarci, facendo scelte innovative". L'idea di un unico polo del termomeccanico viene invece rilanciata dalla senatrice di Forza Italia, Cinzia Bonfrisco: "Servono risorse per l'accompagnamento finanziario del processo di integrazione tra le aziende, ormai non più rinviabile. Lì si deve arrivare: nel polo unico c'è la salvezza di tutti".

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