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Caporalato in Veneto, Fai Cisl: «Fenomeno in preoccupante crescita»

Il sindacato ha rilanciato la sua campagna nazionale "Sos Caporalato" ed ha stimato in 15mila il numero delle aziende venete a rischio irregolarità e 6mila sono i lavoratori potenzialmente vittime dei caporali

Crescono anche in Veneto i casi di sfruttamento lavorativo nel settore agricolo: lavoro nero, lavoro grigio e vere e proprie forme di caporalato con l'assoggettamento sistematico della manodopera, soprattutto straniera. La denuncia si alza con forza da Fai Cisl Veneto che rilancia la sua campagna nazionale "Sos Caporalato". «Stiamo riscontrando una preoccupante crescita dei lavoratori che non hanno buste paga regolari o raccontano di essere stati arruolati da sedicenti faccendieri per lavorare nelle campagne - ha raccontato allarmato il segretario generale di Fai Cisl Veneto Andrea Zanin - Insieme a Regione Veneto vogliamo perciò rilanciare un'informazione capillare sui diritti e sulla legislazione vigente per arrivare alle raccolte del 2022 con un solido piano di prevenzione. L’agricoltura veneta, purtroppo, non è composta soltanto da eccellenze, e come tutti i territori non ha ancora sviluppato una concreta immunità rispetto ai fenomeni di sfruttamento».

Il comparto agroalimentare nel suo complesso vale il 15% del pil regionale, ossia 3 miliardi di euro. Al suo interno la parte agricola è la più penalizzata con solo il 2,2%. In termini di occupazione l’agricoltura regionale conta circa 73.150 occupati (+8,3% rispetto all’anno precedente), di cui 27.400 dipendenti, in larga parte stagionali, e 45.750 indipendenti (dati 2020). Ma c’è poi una realtà sommersa costituita da lavoratori invisibili, contratti e reclutamenti illegali, paghe da fame, intermediazioni illecite, evasioni contributive, irregolarità in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, diritti calpestati. Un mondo che non ha contorni precisi perché non esistono dati certi, ma solo stime ed esiti di varie attività di controllo. Ad esempio, delle 13 imprese agricole esaminate negli ultimi mesi dagli ispettori del lavoro in diversi comuni della provincia di Venezia, nessuna è risultata in regola; nel Polesine, delle 24 imprese controllate, molte sono apparse fuori legge.
E le stime arrivano, preoccupanti, dall’Osservatorio della Fondazione Fai Cisl Studi e Ricerche, prodotte sulla scorta dell’analisi di alcuni fattori specifici correlati al fenomeno: come l’aumento dei lavoratori stranieri in agricoltura, la crescita del numero di aziende "senza terra" e, di conseguenza, del rischio di intermediazione illecita, infine la crescita della presenza di infiltrazioni criminali nel settore. Su questa base, si ipotizza che siano 15mila le aziende venete a rischio irregolarità (di vario grado), 10mila i lavoratori in possesso di un contratto a rischio e 6mila i lavoratori potenziali vittime dei caporali.
Anche sul fronte specifico del caporalato nell’agricoltura la cronaca ha di recente restituito l’immagine di un Veneto "poco felix", soprattutto per i lavoratori più vulnerabili del settore: gli immigrati. Si ricordano i casi di Rovigo, con lo sfruttamento di lavoratori stranieri ad opera di connazionali, e di Verona, con persone denunciate per aver fornito lavoratori irregolari migranti ad aziende terze, le quali li sfruttavano approfittando del loro stato di bisogno.
«Non è affatto semplice avere un'idea numerica di quello che può essere il fenomeno - ha confermato il responsabile ricerca della Fondazione Fai Cisl Studi e Ricerche Ludovico Ferro - Per sua natura sfugge alle rilevazioni ufficiali, e solo con il monitoraggio sul territorio, le attività ispettive e le denunce che possiamo raccogliere anche con il numero verde della nostra campagna, è possibile avere indicazioni sulle tendenze. Di certo quello che emerge è la punta di un iceberg, fatto di situazioni a rischio che vanno dall’irregolarità alle peggiori forme di sfruttamento del lavoro e in generale di ricatto e violenza».

Proprio per intensificare le azioni di presidio ed evitare che si ripetano casi come questi, Fai Cisl dà ulteriore impulso a "Sos Caporalato", che conta anche di un numero verde gratuito (800.199.100) attivo dal lunedì al giovedì dalle ore 10 alle 17 e il venerdì dalle 10 alle 13. Un’iniziativa che mira a una capillare informazione dei lavoratori e alla raccolta di dichiarazioni e di segnalazioni relative a sfruttamento e illegalità, arruolamento di manodopera con metodi ricattatori fino a veri e propri casi di schiavitù.
"Sos Caporalato" segue la stipula di uno specifico protocollo di intesa per il contrasto del caporalato, lo sfruttamento lavorativo e le pratiche illegali nel settore agricolo veneto, avvenuta nel 2019 tra Regione Veneto, sindacati, rappresentanti delle diverse categorie e federazioni della cooperazione. «Il Veneto è abituato a sperimentare e ad essere laboratorio di buone politiche per il lavoro, in particolare nelle relazioni con il sindacato ha costruito la sua capacità di condivisione, che diventa fondamentale quando si deve cambiare la mentalità e far capire la bontà delle norme. Ciò premesso, per quanto riguarda il tema del caporalato, sosteniamo una lotta senza tregua ad una mentalità distorta, che vede lo sfruttamento dei lavoratori con una intermediazione nelle mani della criminalità organizzata - ha commentato l'assessore regionale al lavoro Elena Donazzan - Il comparto agroalimentare, ma anche quello della logistica per il quale il Veneto solo qualche settimana fa ha sottoscritto un apposito protocollo, pone la nostra regione all’avanguardia nella lotta ai fenomeni di lavoro irregolare. Siamo impegnati in prima linea in un’azione di forte vigilanza che deve vedere capillarmente diffusa, anche attraverso lo strumento del controllo fatto dai lavoratori stessi attraverso il sindacato. Tutto ciò con l’obiettivo di rendere anche gli operatori sindacali sempre più formati in tal senso a riconoscere le storture esistenti nel nostro territorio».
«Bene i progetti per contrastare il caporalato, ma dobbiamo aumentare i fondi e rafforzare i controlli se davvero vogliamo eliminare questa piaga che la pandemia ha ulteriormente aggravato», è stato il commento dei consiglieri regionali del Partito Democratico Francesca Zottis, Andrea Zanoni e Anna Maria Bigon.

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