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Economia

Ristoratori Veneto: «Non bastano 45 giorni di lavoro per risolvere i problemi di 2 anni»

L'associazione denuncia la situazione di «aziende in difficoltà, zavorrate da una situazione debitoria maturata in 24 mesi, costrette a chiudere o schiacciate dagli affitti e dall’aumento dei costi di gestione»

«Veniamo da un mese e mezzo di lavoro, concentrato peraltro nel weekend. Ma rispetto al 2019 siamo al -30% medio in termini di fatturato da inizio dell’anno: ce lo dicono le oltre 4mila imprese da tutta la regione che rappresentiamo. E il nostro settore continua a essere dimenticato in termini di riforme». Sono le considerazioni dell’associazione Ristoratori Veneto & Ho.Re.Ca., nata a Verona e portavoce di numerosi imprenditori del settore, secondo la quale a frenare quello che «spesso con troppa fretta» è definito «un ritorno ai tempi pre-Covid», sarebbe l’inflazione che si ripercuote sui consumi delle famiglie, sui costi delle materie prime per le aziende («dall’olio di girasole, raddoppiato, alla farina, salita fino al +20%») e la presunta assenza di una volontà politica a sostegno del settore.

Sottolinea Alessia Brescia, portavoce di Ristoratori Veneto, che «già l’agosto scorso segnalammo cinque proposte per aiutare le aziende in maniera concreta». Una era la «defiscalizzazione sulle neo-assunzioni, non solo per dipendenti under 30 ma per i disoccupati da almeno 6 mesi o percettori del reddito di cittadinanza». Un’altra ancora era la «riduzione contributiva in busta paga di almeno il 50% sulla forza lavoro già in organico, per almeno 24 mesi, così da poter rilanciare i consumi». Quindi «l’eliminazione o sospensione del Documento unico di regolarità contributiva del biennio 2020-2021, l’anno bianco fiscale relativo al biennio del Covid per le attività del settore con perdite superiori al 50% e l’introduzione dei voucher per gli stagionali».

Dal mondo della politica però non sarebbero arrivate risposte, spiega l'associazione, mentre analisi come quella recente di SevenData, basata sui bilanci depositati alle Camere di Commercio, ricorda come solo nel 2020 il settore sia stato uno dei più impattati in termini di calo dei ricavi, con -46.7% a livello regionale. Sarebbe dunque questo il motivo per cui «non bastano certo 45 giorni di lavoro, concentrato nei fine settimana, per risolvere i problemi degli ultimi due anni. Parliamo di aziende in difficoltà, zavorrate da una situazione debitoria maturata in 24 mesi, costrette a chiudere o schiacciate dagli affitti e dall’aumento dei costi di gestione. Realtà che non possono dimenticare come la politica economica del governo sia stata totalmente fallimentare, creando una situazione non così semplice da recuperare, tanto che l’incertezza quotidiana non ci permette ancora di fare progetti a lungo termine».

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