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Spi Cgil Verona: «Con il passaggio al contributivo, pensioni ridotte del 37%»

Adriano Filice, segretario del sindacato dei pensionati, ha commentato l'elaborazione dei dati ufficiali dell'Inps sulle prime pensioni pagate a Verona con il nuovo regime "contributivo puro"

«L'attuale livello del dibattito politico sulle pensioni, con la corsa dei partiti a mettere la bandierina su ogni piccolo aggiustamento alla cosiddetta riforma Fornero, confermandone però di fatto tutte le storture, e con il governo sempre più determinato a raggiungere una sbrigativa mediazione politica, non rende giustizia della condizione sociale di migliaia di pensionati veronesi, che stanno già vivendo sulla propria propria pelle il pieno effetto del passaggio dal sistema di calcolo retributivo al sistema contributivo, e di decine di migliaia di giovani e di donne che l'attuale sistema condanna ad un futuro pensionistico più che povero, poverissimo». Adriano Filice, segretario generale del sindacato dei pensionati Spi Cgil di Verona, ha commentato così l'elaborazione dei dati ufficiali dell'Inps sulle prime pensioni pagate a Verona con il nuovo regime "contributivo puro". Un'elaborazione che evidenzia un taglio netto degli assegni di circa il 37% rispetto al vecchio regime retributivo. Lo Spi Cgil, però, non vuole rivendicare i presunti fasti del vecchio regime retributivo, ma vuole emancipare il dibattito sulle pensioni dalle secche ideologiche. Ed anche per questo ha annunciato una mobilitazione.

pensioni verona regime pensionistico-3

pensioni verona regime pensionistico 2-2Nella provincia di Verona sono già 12.825 (circa il 6% del totale delle pensioni da lavoro) le pensioni pagate con il sistema contributivo "puro", cioè calcolate sulla base dei soli contributi versati. La grande maggioranza di esse (9.512 pensioni, con importi medi di appena 228,68 euro) appartengono al fondo dei lavoratori parasubordinati, una categoria spuria (né dipendenti né autonomi) nata nel 1995 con l’introduzione della gestione separata dell’Inps.
Nel medio periodo il contributivo puro è destinato a diventare maggioritario in tutti gli altri fondi pensionistici con risultati che «sono già sotto ai nostri occhi - ha spiegato Filice - Se ad esempio prendiamo il fondo dei lavoratori dipendenti possiamo facilmente constatare che l'importo medio delle pensioni erogate con il sistema contributivo puro risulta del 37% più basso rispetto all'importo medio delle pensioni pagate con il vecchio sistema retributivo. L’assegno medio mensile passa infatti dai 1.132 euro mensili del vecchio regime retributivo ai 709 euro medi mensili del nuovo sistema contributivo puro. Analoghe riduzioni conoscono gli altri fondi, dagli artigiani ai commercianti ai coltivatori diretti. Questo taglio del 37% è destinato ad impennarsi nel futuro date le condizioni delle nuove generazioni di lavoratori e lavoratrici entrate nel mondo del lavoro negli ultimi decenni, enormemente più esposte rispetto al passato a buchi contributivi, periodi di disoccupazione o inattività dovuti a precarietà del lavoro, instabilità del quadro economico, nonché dalla perdurante carenza di servizi alle famiglie dalla inefficacia delle politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia».
Un altro aspetto che emerge dai dati Inps è che anche a Verona, come nel resto del Paese, la Riforma Fornero ha innescato un fenomeno di fuga dal lavoro che ha visto in prima fila il ceto medio, percettore di stipendi mediamente più elevati che hanno consentito di sostenere i tagli all'assegno pensionistico imposti dai vari sistemi di uscita anticipata. «Dal un punto di vista sindacale non possiamo che essere contenti della possibilità offerta a questi lavoratori, ma non possiamo tacere l'iniquità di un simile sistema di incentivi, che ha lasciato sul campo una platea di lavoratori e lavoratrici mediamente più poveri per i quali è stato molto più difficile, in molti casi impossibile, vista la complessità dei requisiti che devono combaciare, accedere agli incentivi come Opzione Donna o l'Ape Social. O semplicemente non se li sono potuti permettere - ha aggiunto il segretario di Spi Cgil Verona - Non vogliamo restare appesi alla diatriba tra retributivo e contributivo, ma chiediamo a tutti di guardare in faccia alla condizione reale del Paese, in special modo a quella delle giovani generazioni la cui prospettiva sono quei 700 euro mensili di pensione o anche meno. È a loro che dobbiamo spiegare perché un sistema previdenziale pubblico dovrebbe essere più equo, giusto e conveniente di una pensione privata, e quale tipo di società equa, solidale e sostenibile si vuole promuovere con il finanziamento del welfare. Ed è a loro che dobbiamo spiegare perché si continua ad insistere sulle pensioni malgrado il sistema previdenziale italiano sia complessivamente in equilibrio. Ribadiamo inoltre che quando si parla di pensioni si parla inevitabilmente di lavoro, della sua qualità della sua stabilità, della sua formazione, delle sua retribuzioni. A retribuzioni misere, discontinue, precarie, corrisponde non solo una pensione povera, ma anche un sistema previdenziale debole e una società vulnerabile dove si alimentano diseguaglianze e rancore sociale. Ecco perché diciamo che la prima cosa da fare è istituire una pensione di garanzia per i giovani e dare un riconoscimento concreto al lavoro di cura ad esempio con 12 mesi di anticipo pensionistico per ogni figlio. Come sindacato dei pensionati, riteniamo che i provvedimenti dell’attuale Governo siano totalmente insufficienti, non solo perché non danno risposte agli attuali pensionati in termini di regime fiscale, riconoscimento dalla 14esima mensilità e rivalutazione delle pensioni, ma principalmente perché non si dà un futuro previdenziale equo ai giovani e alle donne che in questi anni hanno pagato un prezzo altissimo».

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