rotate-mobile
Economia Centro storico / Piazza Bra

In piazza o incatenati al negozio, la rabbia dei parrucchieri per la Fase 2

A Verona sono pronti a manifestare il prossimo 4 maggio. «Tre mesi di negozi chiusi aiutano chi lavora in nero», dicono. E insieme a loro ci sono tutti i professionisti del benessere e della cura della persona

Non chiedono favori per la categoria di cui fanno parte, ma chiedono che si adotti un unico parametro per la ripartenza delle attività economiche attualmente chiuse a causa del coronavirus. E questo unico parametro è il rispetto dei requisiti di sicurezza. È quanto chiedono estetisti, acconciatori, tatuatori e tutti i professionisti del benessere e della cura della persona, sconcertati dalle parole del premier Giuseppe Conte che ha indicato l'1 giugno come data possibile per la riapertura dei loro negozi. Non il 4 maggio come i settori della manifattura e delle costruzioni, non il 18 maggio come per il commercio al dettaglio, l'1 giugno, dopo tre mesi di chiusura.

Uno sconcerto che in alcuni casi si è trasformato in protesta rabbiosa, come a Padova dove alcuni parrucchieri si sono incatenati al loro negozio oppure a Tolmezzo, in provincia di Udine, dove una cinquantina di esercenti è scesa in piazza con le mascherine e mantenendo le distanze di sicurezza. Una manifestazione che a Verona potrebbe essere organizzata per il prossimo 4 maggio, il primo giorno della cosiddetta «Fase 2». Ma intanto i professionisti veronesi hanno usato i social-network per manifestare il disaccordo con il decreto presentato dal presidente del consiglio. «È tempo di riaprire, di dire basta a questo terrorismo - si legge nella pagina Facebook di Vanities di Povegliano - Siamo uno dei settori in cui l'igiene è di primaria importanza da sempre». E Denis Zorzi, titolare dell'omonimo negozio di Verona aggiunge: «Tre mesi di negozi chiusi aiutano i parrucchieri in nero».
«È impensabile - scrive Valeria Cazzola, portavoce del settore estetica di Cna Veneto Ovest e rappresentante regionale per la categoria - le nostre aziende sono già allo stremo delle forze. E non ha senso bloccare a priori un intero settore, soprattutto se si considera che moltissimi si sono adeguati subito alle stringenti disposizioni del protocollo di sicurezza nazionale rinnovato il 24 aprile, per cui attendono solo il via libera per poter tornare a lavorare in tutta sicurezza. Per loro, per i dipendenti e per i clienti. Proliferano gli abusivi ovunque e moltissimi colleghi sempre ligi alle regole ormai faticano a resistere alla stessa tentazione di fare da sé, per risolversi un problema che lo Stato sembra non vedere. Non capiamo soprattutto come non si voglia riconoscere che il Veneto è più avanti di altre regioni nella curva discendente del contagio, riconoscendoci quella libertà di tornare a lavorare che ci siamo guadagnati con gli sforzi immani dell'ultimo mese, come imprese e cittadini».

La Cna si appella alla Regione Veneto, chiedendo di farsi portavoce di categorie che si sentono penalizzate. Come alla Regione si è appellata anche l'associazione delle officine per la riparazione delle biciclette, i cui operatori non sanno esattamente quando potranno riaprire. «I negozi di biciclette e gli annessi servizi di riparazione non sono stati considerati attività essenziali, al contrario di quanto avvenuto per le attività dedicate ad autoveicoli e ciclomotori - scrive l'associazione - Paradossalmente quindi, infermieri, medici e ciclofattorini che decidono di spostarsi in bicicletta, dando indubbiamente un contributo alla qualità della vita di tutti noi, rischiano di non trovare assistenza in caso di necessità meccanica. Qualora non fosse sufficientemente chiaro, ribadiamo a gran voce che la bicicletta è un mezzo di trasporto. Lo è già e lo sarà ancor di più nelle prossime settimane, quando dovremo affrontare inevitabilmente le regole imposte di distanziamento sociale. Poter scegliere di spostarsi in bicicletta sarà un'opzione fondamentale per tutelare la qualità della vita in città, contribuendo oltretutto ad aumentare anche la qualità ambientale».

Indirettamente il presidente del Veneto Luca Zaia ieri, 27 aprile, ha risposto esprimendo la propria delusione per il provvedimento del premier Conte sulla Fase 2. Zaia ha ammesso di aver controllato ogni parola del decreto governativo, cercando uno spiraglio per poter far riaprire qualche attività, ma non ha trovato nessun appiglio a cui potersi aggrappare.
E questo sarebbe un bene per il candidato 5 Stelle alla presidenza del Veneto Enrico Cappelletti, il quale ha criticato la posizione presa da Zaia: «Anche io vorrei, potendo, aprire tutto subito. Ma mi rendo conto che ci deve essere una progressione. La riapertura deve esserci ma deve essere anche prudente, meditata, intelligente. Zaia ignora le raccomandazioni della comunità scientifica e fa pressione al Governo perché apra tutto e subito. Ringraziando il cielo, non spetta a lui l’ultima parola».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

In piazza o incatenati al negozio, la rabbia dei parrucchieri per la Fase 2

VeronaSera è in caricamento