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Economia

Occupazione, saldo regionale positivo a luglio: +19% a Verona rispetto al 2019

È quanto si apprende dall'analisi della Bussola di Veneto Lavoro, che evidenzia però come nei primi sette mesi del 2021 la domanda di lavoro sia comunque in calo rispetto al periodo pre Covid

Nel mese di luglio si è registrato in Veneto un saldo occupazionale positivo per 6.473 posizioni di lavoro dipendente, un risultato superiore a quello del 2019 (+5.700). In miglioramento anche il bilancio occupazionale dei primi sette mesi dell'anno (+73.000 posizioni lavorative), ormai prossimo a quello registrato all'analogo periodo del 2019 (+82.000). È la Bussola di Veneto Lavoro a tracciare un bilancio del mercato occupazionale regionale, alla fine del mese di luglio 2021. 

Anche il volume delle assunzioni si conferma su livelli simili a quelli del 2019 e mostra anzi un incremento del +7% (52.300 rispetto alle 48.700 di due anni fa). La crescita è interamente imputabile ai contratti a tempo determinato, maggiormente penalizzati dalle chiusure e che ora, con la riapertura delle attività, specie quelle legate alla stagionalità, tornano a crescere andando a colmare un vuoto preesistente. Nel mese di luglio se ne contano quasi 40.000 (+12% rispetto al 2019). Cresce anche l’apprendistato, in misura più limitata (+8%), mentre i contratti a tempo indeterminato mostrano una lieve flessione (-13%) e una perdita, nel mese, di circa 1.200 posizioni lavorative. In aumento a luglio anche le attivazioni di lavoro intermittente, lavoro domestico, tirocini e collaborazioni. Anche il lavoro somministrato, dopo molti mesi in terreno negativo, mostra quasi un ritorno alla normalità (-1% a giugno). A beneficiare maggiormente della ripresa del lavoro a termine e del turismo sono giovani e donne, i cui volumi di assunzioni ritornano e anzi incrementano i valori pre-Covid.

Considerando l'intero periodo gennaio-luglio, le assunzioni risultano ancora in flessione del -17% rispetto al 2019, soprattutto nei settori rimasti più a lungo soggetti a restrizioni, quali turismo e commercio, ma senza risparmiare nemmeno quelli manifatturieri, a dimostrazione che il blocco del turnover determinato dal divieto di licenziamento ha contribuito a “congelare” il mercato del lavoro. Lo sblocco di tale divieto, in vigore dal 1° luglio per le imprese private non artigiane del manifatturiero (ad esclusione del sistema moda) e delle costruzioni, non sembra aver prodotto particolari scossoni sul mercato del lavoro veneto. Nel mese di luglio i licenziamenti per motivi economici in tali tipologie di imprese sono stati 656 a fronte dei 698 del 2018 e degli 837 del 2019, così come su valori simili a quelli degli anni precedenti è il numero di aziende che hanno effettuato i licenziamenti (356 contro le 380 del 2018 e le 392 del 2019). Le cessazioni sono state complessivamente 31.987 (-26%), tra le quali aumenta il peso delle dimissioni e restano marginali i licenziamenti per motivi economici, collettivi e individuali (4% sul totale), nonostante il parziale sblocco del mese scorso.

Nel mese di luglio i saldi registrati nei settori del commercio, sia all'ingrosso che al dettaglio, e nel turismo sono stati decisamente più positivi rispetto allo stesso mese del 2019 ed in linea con quelli del 2020. È l'effetto delle riaperture che, sia nell'anno in corso che nel 2020, hanno fatto sì che il reclutamento che era mancato nei mesi precedenti si concentrasse in quelli estivi. Tra maggio e luglio, infatti, il settore turistico ha registrato più assunzioni che nel corrispondente periodo del 2019 (57.000 quest'anno rispetto alle 50.000 di due anni fa), ma estendendo l'osservazione al mese di aprile si nota come il gap sia ancora consistente (61.000 contro 70.000). Agricoltura e costruzioni confermano gli andamenti sostanzialmente positivi mostrati lungo tutto il periodo di crisi da Covid-19.

A livello territoriale, le assunzioni si dimostrano in crescita ovunque, anche nella provincia di Venezia, la più colpita dagli effetti della pandemia insieme a Verona, dove si registra un incoraggiante +19%. Unica eccezione la provincia di Belluno (-23%). Analizzando i primi sette mesi dell'anno la flessione della domanda di lavoro si mantiene tuttavia in calo rispetto al 2019, con picchi più elevati proprio a Venezia (-30%) e Verona (-17%), e variazioni più contenute a Rovigo (-3%). Attorno al -10% tutte le altre province: Padova -12%, Belluno -10%, Treviso -9%, Vicenza -8%.

Tornano ad aumentare negli ultimi due mesi i flussi delle dichiarazioni di immediata disponibilità (Did) presentate ai Centri per l'impiego della regione, sintomo di un rinnovato dinamismo del mercato del lavoro regionale.

In miglioramento anche le previsioni sulla crescita economica. I dati di luglio di Prometeia vedono per il Veneto un rialzo del Pil pari al +5,9% nel corso del 2021, a fronte del +5,3% del Pil nazionale. Secondo l'indagine congiunturale di Unioncamere del Veneto l'industria regionale chiude il secondo trimestre con ottimi risultati: rispetto al periodo pre-crisi, la produzione cresce dell'8,4%, il fatturato del 14,6%, gli ordinativi interni del 7,4% e quelli esteri dell’11,9%.

Scarica l'analisi completa della Bussola di Veneto Lavoro

«I dati aggiornati sul mercato del lavoro in Veneto dimostrano che l’effetto rimbalzo continua e con esso la crescita dell’occupazione anche nei settori che dall’inizio pandemia hanno sofferto di più gli effetti della crisi. Lo sblocco dei licenziamenti nella nostra regione fino ad oggi non ha prodotto effetti particolarmente negativi, anzi la perdita di posti di lavoro è stata inferiore a quella dello stesso periodo del 2019, anno del boom». È l’Assessore regionale al lavoro Elena Donazzan a commentare i dati aggiornati. 
«Dobbiamo lavorare molto sulla richiesta che il mondo del lavoro sta rappresentando con forza: oggi c’è richiesta di lavoro ma mancano i lavoratori – sottolinea Donazzan - . Le cause sono diverse: blocco dei licenziamenti ancora in corso, reddito di cittadinanza che dissuade dall’accettare le opportunità di lavoro e, nel contempo, favorisce però il lavoro nero. Ulteriore problema è rappresentato dall’incertezza che le imprese si trovano ad affrontare, legata all’aumento esponenziale dei costi della produzione tra materie prime e logistica. Elementi che mettono in difficoltà le aziende nel fare previsioni anche sul proprio fabbisogno di lavoratori e, di conseguenza, si ricorre alla proposta soprattutto di occupazioni a tempo determinato e di breve durata. Tutto ciò non contribuisce a spingere un lavoratore ad uscire dallo stato di sussidiato – conclude l’Assessore al lavoro del Veneto -. Avremmo dovuto già rivedere le condizioni del reddito di cittadinanza e degli ammortizzatori, obbligando il disoccupato o il sussidiato ad accettare l’offerta di lavoro, pena la perdita del sussidio».

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