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Economia

Veneto, cresce l'occupazione: registrato nel Veronese il maggior incremento

È la Bussola di Veneto Lavoro a mostrare l'incoraggiante quadro del primo trimestre, dove viene evidenziata la crescita dell'aumento del tempo indeterminato

In Veneto nel primo trimestre 2019 cresce l’occupazione, trainata dal tempo indeterminato, e mostra segnali di rallentamento dei rapporti di lavoro a termine. È quanto emerge dalla Bussola di Veneto Lavoro relativa al primo trimestre dell’anno.

Prosegue quindi la crescita dell’occupazione stabile: i contratti a tempo indeterminato e di apprendistato interessano oggi il 37% delle assunzioni (erano il 25% un anno fa) e costituiscono oltre la metà dei nuovi posti di lavoro (contro il 23% del 2018). Particolarmente rilevante l’incremento delle trasformazioni di contratti a termine, quasi raddoppiate rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (24.600 contro 14.000). Complessivamente i posti di lavoro dipendente sono aumentati in regione di 50 mila unità, per effetto di 206 mila assunzioni e 156 mila cessazioni. Il dato, anche se inferiore all’analogo periodo del 2018, consente di ipotizzare un saldo positivo su base annua di 30.500 posizioni di lavoro

La crescita del tempo indeterminato è riconducibile prevalentemente all’incentivo strutturale per l’assunzione e la stabilizzazione dei giovani under 35 e all’elevato numero di assunzioni a termine effettuate nel 2017, che a un anno di distanza hanno determinato un corrispondente incremento delle trasformazioni. Ad aver influito anche gli effetti del Decreto Dignità, particolarmente evidenti nei mesi a cavallo tra il 2018 e il 2019.

Nel primo trimestre dell’anno le assunzioni a tempo indeterminato sono aumentate del 21% e le trasformazioni del 73%. Mentre i contratti a tempo determinato registrano un saldo negativo su base annua (-14.400) e inferiore allo scorso anno nel trimestre (+16.700 contro +34.000), in particolare per quanto riguarda proroghe (-28%) e rinnovi (-15%).

La crescita dell’occupazione è diffusa a tutti i settori: in agricoltura il saldo trimestrale delle posizioni di lavoro è addirittura superiore a quello dello scorso anno (+13.500 contro +11.700), mentre nell’industria e nei servizi si evidenziano segnali di rallentamento. Tra i singoli comparti vanno bene in particolare l’edilizia (+4.100), alcuni settori del Made in Italy, tessile-abbigliamento e occhialeria su tutti, il terziario avanzato (+3.200) e i servizi alla persona (+5.200). Segno meno, invece, nel commercio e nei servizi finanziari, che mostrano un saldo negativo sia nel trimestre che su base annua.

A livello territoriale le province di Verona e Venezia registrano gli incrementi occupazionali più elevati (rispettivamente +14.700 e +10.800), anche se entrambe in flessione rispetto al 2018. Positive ma in rallentamento anche Treviso (+8.900), Padova (+7.900) e Vicenza (+5.600), che mostra il calo più marcato in confronto a un anno fa. In controtendenza Rovigo, che migliora leggermente il risultato dello scorso anno (+3.600 a fronte di +3.500), e Belluno, unica provincia con saldo negativo sia nel trimestre (-1.500) che su base annua (-400).

«Il monitoraggio periodico di Veneto Lavoro offre una lettura ragionata e scientificamente attendibile dei trend in atto nel mercato del lavoro- commenta l’assessore al lavoro, Elena Donazzan – Ciò costituisce una base oggettiva di riflessione che conferma gli attesi effetti positivi del Decreto Dignità sull’occupazione, come pronosticato dalle nostre strutture. E’ un dato che va riconosciuto, al netto di qualunque valutazione politica, in nome dell’interesse comune dei veneti».

Il report di Veneto Lavoro evidenzia anche la ripresa del lavoro domestico (+8%) che, anche per effetto delle difficoltà economiche generate dalla crisi coinvolge sempre di più lavoratrici e lavoratori di nazionalità italiana.

I tirocini diminuiscono del 4%, soprattutto tra i giovani, che continuano a rappresentare il 68% dei destinatari di tali esperienze di lavoro.

Tra le cause di cessazione dei rapporti di lavoro dipendente, stabili i licenziamenti, complessivamente 10.400 nel trimestre, in aumento le dimissioni (+5%) e in diminuzione le cessazioni di rapporti di lavoro a termine (-13%), come logica conseguenza del calo delle stipule.

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