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L'analisi della Cgia: dopo Covid i lavoratori autonomi sono diminuiti e sono diventati più poveri

Cresce dunque il rischio «povertà o esclusione sociale» delle famiglie che hanno quale reddito principale un lavoro autonomo

«Nel 2021 il rischio povertà o esclusione sociale delle famiglie con reddito principale da lavoro autonomo è stato superiore a quello dei nuclei che, invece, vivono con uno stipendio fisso». È questo il risultato estrapolato dall’Ufficio studi della Cgia su dati Istat che testimonierebbe, ancora una volta, come «tra gli occupati italiani il cosiddetto popolo delle partite Iva (artigiani, commercianti, lavoratori autonomi, liberi professionisti, etc.), abbia meno sicurezze e più difficoltà economiche dei lavoratori dipendenti».

Il commento amaro dell'Ufficio studi della Cgia chiama in causa anche la crisi degli ultimi due anni: «Figuriamoci dopo oltre due anni e mezzo di emergenza sanitaria che tra chiusure per decreto e limitazioni alla mobilità hanno messo in ginocchio, in particolar modo, una gran parte dei titolari di botteghe e di negozi di vicinato. Non è che alle maestranze le cose siano andate meglio. Per queste ultime, comunque, gli ammortizzatori sociali a disposizione per legge hanno “smorzato” il colpo. - commenta la Cgia - Per chi, invece, dopo i vari lockdown è stato costretto a chiudere definitivamente l’attività, non è rimasto che reinventarsi il futuro».

Andando ai numeri, l’Ufficio studi della Cgia evidenzia che «a distanza di trenta mesi dall’avvento della pandemia, in Italia abbiamo recuperato il numero degli occupati». In particolare, «se tra il febbraio 2020 (mese precedente l’arrivo del Covid) e lo scorso mese di agosto (ultimo dato reso disponibile dall’Istat) abbiamo 56 mila occupati in più, le due componenti che costituiscono l’intero stock (lavoratori dipendenti e autonomi) presentano, invece, risultati di segno opposto». In sostanza, secondo lo studio della Cgia di Mestre, il numero dei lavoratori autonomi «è sceso di 155 mila unità». Se prima della pandemia «erano poco meno di 5,2 milioni», ad agosto invece «si sono attestati a poco più di 5 milioni».

Al contrario, il numero dei dipendenti «è aumentato di 211 mila unità». Prima della pandemia, chiarisce la Cgia, «ne avevamo poco più di 17,8 milioni, quest’estate il numero è salito a poco più di 18 milioni». Sebbene in crescita, sottolinea la stessa Cgia, «va comunque segnalato che tra i lavoratori dipendenti si è ridotto il numero di coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato, mentre sono aumentati i lavoratori a "termine"».

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