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Gli imprenditori del vino studiano l'invasione del mercato statiunitense

Fare sistema e sfruttare fondi e strumenti promozionali a supporto dell'export per superare la crisi. Mercato USA: primo Paese per consumo di vino, conferma trend in crescita

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di VeronaSera

Dopo il Piemonte, ha fatto tappa il 12 marzo a Verona il tour di convegni che IEM - International Exhibition Management - ha organizzato in tre città italiane con lo scopo di incontrare le aziende del settore vitivinicolo e analizzare le dinamiche dell'export negli Stati Uniti, Paese che rappresenta il principale mercato per la produzione made in Italy.

Questo secondo appuntamento, organizzato in collaborazione con Uvive (Unione Consorzi Vini Veneti DOC), ha rappresentato l'occasione per riflettere sull'andamento di uno dei comparti di eccellenza del nostro Paese, ma soprattutto per approfondire con le oltre 50 aziende venete presenti lo sviluppo del mercato americano e gli strumenti esistenti a supporto dell'export e della promozione dei prodotti vinicoli nel Nuovo Continente.

"Il settore vinicolo rappresenta una parte importante dell'industria agroalimentare italiana" - ricorda Giancarlo Voglino, Managing Director di IEM - "e non è purtroppo immune alla crisi. Con un mercato interno i cui consumi sono in forte contrazione, sono le esportazioni - con gli Stati Uniti in testa - a trainare il fatturato".

Con un consumo pro-capite in costante crescita negli ultimi 15 anni e oltre 100 milioni di bevitori attivi, gli Stati Uniti sono il primo mercato mondiale per il consumo di vino. In termini quantitativi l'Italia da qualche anno è divenuto il principale paese esportatore superando la Francia, la quale ancora detiene il primato per valore.

"Oggi più che mai" - continua Voglino - "dobbiamo intensificare gli sforzi e le attività promozionali sul territorio americano per sostenere il nostro prodotto. L'Italia - con 41 milioni di ettolitri - è il primo produttore di vino al mondo. Ma la geografia delle nostre imprese è costellata soprattutto da aziende di piccole e medie dimensioni che devono unirsi per fare sistema, acquisendo massa critica che permetta loro di creare una rete in grado di utilizzare in modo costruttivo i fondi e gli strumenti a disposizione".

Primi fra tutti i fondi della Comunità Europea OCM Vino, su cui si è concentrato l'intervento diAndrea Gabbrielli, giornalista specializzato esperto del settore vitivinicolo. Ma anche i tour Simply Italian Great Wines, organizzati da IEM e accreditati presso gli operatori internazionali del settore come le più autorevoli ed efficaci occasioni per mettere in contatto aziende produttrici con addetti ed esperti locali secondo una formula di seminari e walk around tasting che ha decisamente incrementato non solo l'offerta dei prodotti italiani sui vari mercati, ma anche la domanda stessa.

"Gli Stati Uniti sono uno dei principali Paesi di riferimento per i vini veneti" - dice Luciano Piona, Presidente Unione Consorzi Vini Veneti D.O.C. - "ma non è sufficiente presentarsi con un prodotto di qualità. Poiché nei mercati lontani la denominazione spesso diventa il "marchio" stesso del vino, oggi più che mai è fondamentale che le aziende affrontino questi mercati in modo consapevole e compatto, utilizzando efficacemente tutti gli strumenti che hanno a disposizione".

L'appello lanciato nel corso del convegno trova riscontro nella relazione presentata da Geralyn Brostrom, esperta del mercato vinicolo USA e autrice del volume The Business of Wine: "Gli Stati Uniti sono un Paese complesso e frammentato. Dai tempi del Proibizionismo la regolamentazione per la produzione e vendita di alcolici è molto rigida. In aggiunta, ogni Stato possiede leggi e normative differenti, che talvolta vincolano la distribuzione del vino. Per le aziende straniere che si affacciano al mercato americano solo comprendendo le dinamiche e studiando in modo approfondito il territorio è possibile operare con successo, scegliendo con attenzione il partner locale".

Negli USA si è assistito a una costante crescita del consumo di vino negli ultimi 20 anni, dai circa 16 milioni di ettolitri nel 1991 agli oltre 30 milioni stimati per il 2016. Un dato nettamente in controtendenza rispetto ad altri mercati come Francia e Italia, caratterizzati in passato da elevati consumi, ora invece in calo.

Gli USA assorbono circa il 13% del consumo globale di vino. Su 230 milioni di adulti, il 44% beve vino e il 25% (ossia circa 57 milioni di persone) lo consuma regolarmente. Si tratta soprattutto dei cosiddetti "baby boomer" - di età compresa tra i 49 e 67 - e dei "millennial" - tra i 21 e i 36 anni - che rappresentano la fascia in prospettiva più interessante per la continuità di crescita futura.

Sebbene gli USA siano la quarta nazione produttrice di vino, almeno un quarto del prodotto venduto nel Paese è importato. "Come detto" - precisa la Brostrom "il primato spetta all'Italia, soprattutto grazie al vino bianco, tra cui spiccano Pinot Grigio e Prosecco".

Nel corso del suo intervento la Brostrom ha inoltre evidenziato le tipologie di aziende che meglio di altre riescono a sfruttare le opportunità del mercato. "In un momento in cui le aziende cercano di superare la crisi puntando all'export" - precisa - "se da un lato le grandi possono assicurarsi la distribuzione per i grandi volumi prodotti e quelle di nicchia puntano su un prodotto esclusivo, per tutte le altre - di dimensione medio/piccola - è fondamentale raggrupparsi in reti d'impresa per affrontare il mercato americano così frammentato ma soprattutto per sfruttare gli strumenti a disposizione, quali appunto OCM o Simply Italian Great Wines".

Tra i relatori anche il giornalista Andrea Andreoli, che ha fatto da moderatore aprendo il convegno con un approfondimento sulle dinamiche dell'export vinicolo e Paolo Errico, esperto di web e social network che ha presentato uno studio sul contributo dei social media nelle nuove dinamiche di consumo.

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