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Economia

Il mercato dei polli non conosce crisi

Parla Muraro, presidente Avec: "Bene, ma serve una certificazione dei prodotti"

Per l’avicoltura non c’è crisi che tenga. Anzi, proprio la difficile congiuntura economica è uno degli elementi che possono spiegare la crescita di consumi, sia per quanto riguarda le carni avicole che le uova, che è stata registrata nel 2009. Crescita relativa ad alimenti che coniugano caratteristiche nutrizionali e prezzi contenuti e che anche per questo, in tempi difficili come quelli attuali, possono assumere quel ruolo di primo piano che prima non avevano.

Secondo le nostre stime i consumi sono mediamente aumentati - spiega il veronese Aldo Muraro, presidente dell’Unione nazionale avicoltura e dell’Avec, l'Aassociazione europea dei produttori avicoli – in particolare per i polli e le uova, tanto che dovremmo arrivare ad un consumo medio pro capite di 20 chili di carne avicola e di 226 uova. Dati che sono superiori non solo a quelli del 2008, che parlavano di 18 chili di carne e 224 uova, ma anche a quelli che venivano registrati prima della crisi del 2005 dovuta al diffondersi della paura da influenza aviaria”.

Entrando nei particolari, per i polli i consumi sono aumentati del 3-4 per cento, per il tacchino di circa l’1 per cento, per gli avicoli minori, ovvero quaglie, anatre, faraone, capponi e galletti, del 2 per cento ed infine per le uova di una percentuale compresa fra il 2 ed il 3. “Aumenti che sono generalizzati in Europa, anche se quest’anno e in Italia sono particolarmente marcati. Una conseguenza che è comunque dovuta anche al fatto che i consumatori hanno capito che i prodotti avicoli sono sicuri, controllati, dietetici e di qualità”, continua Muraro. Il quale poi spiega come l’Italia sia autosufficiente, con 1.200.000 tonnellate di carni avicole prodotte (pari a 500 milioni di polli, di cui 480 milioni cresciuti in allevamenti intensivi, 29 milioni di tacchini, 16 milioni di quaglie, 7 milioni di faraone, 1,5 milioni di anitre e un milione di capponi) a fronte del 1.100.000 consumate e con i 13 miliardi di uova prodotte da 40 milioni di galline che coprono integralmente il fabbisogno nazionale.

Italia che è il quarto produttore Europeo di prodotti avicoli, dopo Francia e Inghilterra e quasi a pari merito con la Germania, con al suo interno il Veneto che da solo vale il 40 per cento del settore, con circa 2.200 allevamenti, e la provincia di Verona che conta la metà del movimento regionale. D’altronde qui non a caso hanno sede sia l’azienda leader europeo del comparto, la Veronesi, che l’Ava, l’associazione che rappresenta gli allevatori veneti.

Se proprio nel veronese il buon andamento della stagione 2009 ha creato aspettative ancor più rosee per l’anno che è appena iniziato, d’altro canto qui si sta registrando anche qualche contraccolpo dovuto ad un eccesso di produzione di polli. “Una situazione che va evitata adeguando le quantità di animali allevati alle reali esigenze di mercato – conclude Muraro – anche se sarebbe necessaria una normativa più stringente per quanto riguarda la certificazione di origine dei prodotti avicoli, che a noi farebbe solo bene vista l’indubbia qualità che c’è in Italia”.
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