«Zona arancione penalizza il 7% delle attività economiche veronesi»
L'elaborazione dei dati è della Camera di Commercio di Verona, il cui presidente Riello commenta: «Auspico che le restrizioni, assieme al vaccino, siano una ricetta valida per abbattere definitivamente questa pandemia»
Il Veneto in zona arancione penalizza direttamente il 7% delle attività economiche veronesi. Si tratta di 539 attività chiuse e di 6.724 tra bar, ristoranti e catering, aperti per il solo asporto. L'elaborazione dei dati di Infocamere, aggiornati al 30 settembre 2020, è del Servizio Studi e Ricerca della Camera di Commercio di Verona ed il presidente Giuseppe Riello l'ha commentata così: «Comprendiamo la necessità di contenere la diffusione del contagio ed auspico che le restrizioni di queste settimane, assieme alla campagna di vaccinazione, siano una ricetta valida per abbattere definitivamente questa pandemia che sta minando la salute della popolazione. Ma le misure di contrasto al virus messe in atto stanno avendo dei risvolti pesanti sull'andamento dell’economia. Nella provincia di Verona, sono 539 le attività legate ai servizi alla persona e all'intrattenimento ad essere chiuse: si tratta di 38 cinema, 10 tra gallerie e musei, 110 sale da gioco, 30 piscine, 136 palestre, 62 discoteche, 85 sale da biliardi e 68 centri di benessere».
Alle attività cui è stata imposta la chiusura, si aggiungono poi i servizi di bar e ristorazione che sono aperti solo per asporto, dalle 5 del mattino alle 22 della sera: sono 3.736 ristoranti, pizzerie e attività di ristorazione mobile, 47 attività di catering e 2.941 bar. «Ristoranti e bar stanno subendo un vero e proprio tracollo - ha aggiunto Riello - Non solo per effetto del consenso alla sola attività di asporto e delivery, ma anche per il drastico cambio delle abitudini di consumo legato alla diffusione dello smart working. Se prima consumare il pasto fuori casa era una necessità, prima che un’abitudine, ora si pranza a casa. Il risultato è che molti ristoratori hanno deciso di abbassare le serrande per limitare l’incidenza dei costi di apertura, visti i magri ricavi. Un'altra categoria, non considerata dall'intervento restrittivo, ma minata alla base dalla ridotta, se non nulla, mobilità delle persone, è quella recettiva: sono 1.808 le strutture presenti in provincia. Queste imprese non ricevono alcun ristoro per il pesante disagio economico che stanno affrontando».