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«A Verona 140 mila quintali di fragole da raccogliere: servono 3 mila lavoratori»

A dirlo è Cia – Agricoltori Italiani Verona: «Mancando molta manodopera dall’Est europeo, a causa dell’emergenza Covid-19, è necessario avere da subito la certezza della reperibilità di braccianti»

Cia – Agricoltori Italiani Verona esprime preoccupazione per la carenza di manodopera in vista della raccolta delle fragole, che per molte aziende partirà tra la prossima settimana e quella successiva. Nella provincia di Verona sono 140.000 i quintali da raccogliere: servono urgentemente 3.000 lavoratori o il prodotto sarà lasciato a marcire.

«Non si tratta di una coltura in pieno campo, ma ottenuta all’interno di tunnel, il cui investimento per l’intera provincia si aggira sui 8,5 milioni di euro – sottolinea il direttore provinciale Marta Turolla -. Su circa 500 ettari coltivati a fragole nel Veronese, l’80% è coltivato sotto tunnel. Quindi la mancata raccolta non significa soltanto un prodotto lasciato a marcire, con costi di coltivazione che si aggirano sui 10.000 euro ad ettaro, ma un reddito che viene a mancare per gli agricoltori, con l’impossibilità di recuperare i costi degli investimenti».

La raccolta avviene ogni anno in un ambito di tempo ristretto tra i 20 e i 25 giorni, che partono da metà-fine aprile fino al 20 maggio circa, ponendo direttamente le fragole su vaschette di plastica all’interno di una cassetta. «Mediamente un lavoratore riesce a raccoglierne 14-18 chili all’ora – spiega Turolla -, per questo è necessaria una grande quantità di lavoratori concentrata in pochi giorni. Mancando molta manodopera dall’Est europeo, a causa dell’emergenza Covid-19, è necessario avere da subito la certezza della reperibilità di braccianti sia per programmare la raccolta, sia per erogare la necessaria formazione sul tipo di lavoro e sull’informativa antinfortunistiche».

Di qui le richieste di Cia Agricoltori Italiani Verona: «Rivolgiamo un appello al prefetto Donato Giovanni Cafagna, ai parlamentari e al Governo affinché si sblocchi questa situazione, ad esempio reintroducendo i voucher con le necessarie correzioni per limitarne gli abusi, evitando in questo modo che, come si è fatto in occasione della loro abolizione, si inserisca nuovamente la minaccia di un referendum per abrogarli. Si tratta di riportare questo strumento alle sue ragioni originali: per far fronte ai picchi di attività in agricoltura. In alternativa serve comunque uno strumento più agile al fine di reperire manodopera nel nostro territorio. Va anche valutata la possibilità, solamente per l’emergenza, di far lavorare in campagna non solo i parenti fino al sesto grado, come recentemente stabilito dalla normativa, ma anche i cittadini dello stesso Comune».

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