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Cronaca Buttapietra / Via Giuseppe Verdi

Sparatoria a Buttapietra. Manzo dal Gip: "Legittima difesa", ma i carabinieri non gli credono

Il 54enne avrebbe prima sparato 8 colpi su Martino e Pietro Mazza, lasciandoli in fin di vita, poi sarebbe risalito in casa per caricare l'arma, prima di scendere e finirli con altrettanti spari

Parlano i carabinieri di Verona sul duplice omicidio avvenuto a Buttapietra sabato 14 marzo, nel quale hanno perso la vita Martino Mazza, 48 anni, e il figlio Pietro, 24 anni, entrambi originari di Ercolano, per mano di Filippo Manzo, 54 anni, anch'egli originario della zona di Napoli, per la precisione di Torre del Greco. Nella conferenza svoltasi al comando provinciale di Verona, le forze dell'ordine hanno esposto la loro ricostruzione. 

LA DINAMICA - I militari hanno confermato buona parte della dinamica che già si conosceva, aggiungendo diversi particolari: i Mazza arrivano in via Verdi poco dopo le otto del mattino e parcheggiano la loro Mercedes davanti alla casa di Manzo. Lui apre e parte subito la discussione che da il via alla tragedia: resta ancora da chiarire se ci sia stata effettivamente una colluttazione, di certo i Mazza avevano un coltello, con il quale però non avrebbero colpito il 54enne. Ad un certo punto i due fanno per allontanarsi e l'omicida allora li insegue con una pistola semiautomatica calibro 7,65, con la quale gli spara otto volte raggiungendoli a gambe, addome e schiena. Padre e figlio stramazzano al suolo in fin di vita, mentre Manzo, a sangue freddo, sarebbe risalito in casa per ricaricare l'arma prima di tornare in strada e finirli con altri otto colpi: sparando in pieno volto, sulla fronte. 
Sangue freddo che, stando a quanto raccontano i carabinieri, Manzo avrebbe mantenuto anche durante gli eventi successivi. A questo punto i residenti hanno lanciato l'allarme e sul posto sono giunti gli uomini del Nucleo Radiomobile e quelli del 118, ma per i due non c'era più nulla da fare. L'omicida ha atteso dentro casa, ancora con la pistola in mano: all'arrivo delle forze dell'ordine non ha opposto resistenza ed è stato portato alla caserma di Cadidavid, dove ha iniziato il proprio racconto. Un credito di 6mila euro per alcuni lavori edili che il 48enne non gli avrebbe pagato e una lite nata sempre dalla questione economica la sera precedente: queste le prime motivazioni accennate dall'uomo, che avrebbero condotto ad un finale tragico che ha coinvolto anche il 24enne, incensurato e presente solo per accompagnare il padre. 

Pietro lavorava regolarmente come meccanico dal 2006 alla Aprilia di Verona e la sua fedina penale era pulita. A differenza del padre che aveva un curriculum criminale di tutto rispetto: fin dagli anni ’90 era finito nei guai per reati tra i più disparati. Dalla truffa, alla rapina, allo spaccio di stupefacenti fino alle estorsioni. Non aveva un lavoro fisso. L’omicida invece non lavorava dal 2013. In precedenza aveva sempre avuto un'occupazione nel veronese: un passato da guardia giurata, facchino e da operaio nell’industria di produzione bitume, anche in Lessinia.

Convalidato l'arresto e la duplice accusa di omicidio volontario, l'uomo è comparso davanti al Gip al quale ha esposto la sua versione: un episodio tragico ma di legittima difesa. I carabinieri però non sarebbero convinti nè di questa ipotesi, nè di quella del movente legato al debito, a causa del sangue freddo mostrato dall'uomo: per i militari si tratterebbe di una vera e propria esecuzione. Inoltre deve ancora essere cìhiarita la questione della pistola acquistata con la matricola abrasa e in cosa consistesse esattamente questo debito. 

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