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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Centro storico / Piazza dei Signori

Un sit-in davanti alla Prefettura per chiedere l'istituzione del reato di omicidio stradale

Patrizia Pisi ha perso il suo unico figlio 7 anni fa, investito su un marciapiede da un guidatore ubriaco e ora chiede che chi uccide mettendosi alla guida alterato abbia una congrua punizione

Martedì 24 marzo alle ore 17 in tutta Italia si svolgerà una mobilitazione dei familiari delle "vittime delle strada", che si raduneranno in un sit-in per chiedere l'introduzione del reato di omicidio stradale.
A darne l'annuncio è Patrizia Pisi, co-fondatrice del Gruppo di mutuo aiuto per i familiari delle vittime della strada con Anna Maria Caliari e responsabile per Verona e il Veneto dell'Avisl (Associazione vittime di incidenti stradali, sul lavoro e malasanità), creata dall'avvocato Domenico Musicco.
Patrizia sette anni fa perse il suo unico figlio, Alberto Benato di 17 anni, dopo che un uomo lo investì su un marciapiede a Santa Lucia: il guidatore era ubriaco e faceva i 120 km/h su una strada con il limite dei 50. Dal successivo processo, l'uomo ne uscì con una condanna a tre anni e la sospensione della patente per quattro. Pene che vennero inasprite in quanto l'automobilista era recidivo: il documento di guida gli era già stato ritirato due volte per guida in stato di ebbrezza. "Questo fa capire quanto lievi siano sempre state le condanne inflitte a chi, drogato o ubriaco, si mette al volante e uccide. Li chiamano incidenti o fatalità, ma non si tratta di questo. Sono omicidi, perché chi sale in auto dopo aver assunto sostanze sa di non essere lucido e di mettere a rischio la sua vita e quella degli altri", afferma Patrizia sulle pagine del giornale veronese e poi prosegue annunciando: "A Roma sarà davanti al Quirinale, nelle altre città davanti alle prefetture o ai municipi. A Verona sarà in prefettura e tutti sono invitati, anche chi non ha subito lutti. Dobbiamo andare in molti per far sentire la nostra voce. E purtroppo noi familiari delle vittime della strada siamo tantissimi, ma combattere le nostre battaglie da soli non porta a nulla. Dobbiamo essere uniti perché ci ascoltino. Come posso dire alle mamme che mi chiedono se avranno almeno giustizia terrena che no, non avranno neanche quella? Io non ce la faccio".
La donna si rivolge anche alle famiglie dei quattro ragazzi morti nel 2013 in prossimità di una rotonda ad Arcole, centrati da un'auto guidata da un ubriaco. Questi infatti avevano esternato la loro rabbia per le tante promesse fatte dal governo sulla legge relativa all'omicidio stradale, che sono poi rimaste tali. "Capisco la loro rabbia, ma purtroppo è inutile sperare in condanne giuste per chi ha ucciso i nostri figli- prosegue la Pisi - Dobbiamo batterci attraverso le associazioni per essere più forti. Non c'è altro modo".
Chi ha ucciso il suo Alberto infatti la pena l'ha già scontata, se così si può dire: "In prigione non è mai andato e ora gira tranquillo in macchina come nulla fosse accaduto. Dopo l'incidente, avvenuto all'una di notte, ha cercato di scappare, ma non ci è riuscito perché la sua auto non partiva. E quando poi i vigili l'hanno portato all'ospedale per fare l'acoltest è scappato. Sono andati a casa sua a prenderlo tre ore dopo e all'ospedale aveva ancora i valori quattro volte e mezzo più alti del normale. Figuriamoci prima. E la sua vita poi non è cambiata".

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