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Omicidio Belluci. Le ragioni della condanna: "Ha voluto uccidere e non ha rimorsi"

Il gup di Trento Carlo Ancona ha letto le motivazioni che hanno portato il tribunale ad infliggere trentanni di carcere all'avvocato veronese, colpevole di aver ucciso la propria ragazza la scorsa estate

Sono contenute in 22 pagine i motivi che hanno determinato il gup del tribunale di Trento Carlo Ancona, a non concedere nemmeno le attenuanti generiche all'avvocato veronese Vittorio Ciccolini, che la notte del 9 agosto 2013 prima cercò di strangolare e poi pugnalò 4 volte l'ex fidanzata Lucia Bellucci. 

L'8 ottobre a Ciccolini sono stati inflitti trentanni di carcere, il massimo della pena, per la "volontà di feroce punizione e sopraffazione", per aver "ucciso perchè profondamente ferito ed incapace di sostenere l'affronto costituito dal rifiuto della donna di sottostare alle sue decisioni sull'avvenire del loro rapporto" e non solo. All'avvocato veronese viene contestato anche il comportamento tenuto dopo il delitto e per il mancato risarcimento del danno ai familiari della vittima.

Un agguato, come lo ha dipinto l'accusa e come lo ha chiamato anche il gup, che iniziò due giorni prima con l'acquisto di un'arma da taglio solitamente in dotazione al corpo dei Marines, posizionata successivamente sul sedile posteriore dell'auto. Poi l'invito a cena, le due bottiglie di vino che la coppia ha bevuto al Mezzosoldo di Mortaso (che rappresenterebbero l'intenzione di diminuire le capacità di reazione della donna), l'appartarsi con Lucia in un luogo isolato (dove non avrebbe potuto chiedere aiuto) sono per il giudice Ancona frammenti di un "lucido e travagliato disegno" di cui vi è "lucida traccia scritta (e forse compiaciuta) nella riepilogazione dei fatti del manoscritto dell'imputato". E il riferimento è al romanzo in cui il protagonista, il tennista argentino Pato, riflette con l'avvocato Piero sulla necessità di una punizione per il torto patito dalla sua donna "che indiscutibilmente prefigura il fatto proprio così come esso si è determinato". Secondo il giudice anche il modo in cui Ciccolini si è allontanato con il cadavere nascosto nell'auto, è una chiara conferma della premeditazione del delitto. Poi ci sono quelle lettere che l'omicida ha spedito al padre e all'ex marito della 30enne "che l'imputato considerava corresponsabili delle scelte della vittima perchè a suo tempo non le avevano contrastate nè evitate con una 'doverosa' opera di 'educazione' alla soggezione di genere", stampate il 7 agosto, due giorni prima dell'omicidio, ma spedite solamente dopo "ad inflizione di ulteriore ingiuria secondo il gup" e che in ogni caso rappresentano "un'anticipazione di quanto stava per avvenire".

A Ciccolini sono state date quindi tutte le aggravanti: "l'imputato si è recato dalla donna in un ultimo e lucido tentativo di farla recedere dalla sua decisione, per imporre all'altra una propria scelta e non certo un colloquio 'alla pari'; la telefonata del nuovo fidanzato, e con essa l'ultimo rifiuto e forse la spaventata reazione di lei lo resero consapevole di quanto fosse definitiva la rottura del rapporto". E fu allora che scattò la violenza "prima stringendola al collo e poi usando il coltello, non accettando un esito del rapporto che non poteva più essere revocato". 

Un'altra delle ragioni, insieme all'assenza di scuse per i familiari della vittima, è il mancato risarcimento per questi. "Lo sforzo richiesto per un risarcimento parziale ma significativo non sarebbe stato elevato: 400mila euro" ma al dottor Ancona "pare incredibile che un professionista non sia stato in grado di reperire tale somma. Evidentemente la ragione è un'altra". "Nel rifiutare anche un parziale ristoro del danno - scrive ancora il giudice - egli ha dato indiscutibilmente prova di coltivare ancora oggi la stessa risoluzione di chiusa e rancorosa determinazione che lo ha condotto all'omicidio, ed ha dimostrato di non credere nel proprio futuro".

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