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Cronaca Centro storico / Piazza dei Signori

Verona, emergenza profughi a Lampedusa. Verona prima provincia veneta a dire Sì all'accoglienza

Il Ministero dell'Interno chiede le disponibilità e dagli uffici di piazza dei Signori parte la chiamata a Comuni ed enti locali: subito 30 posti attivabili. Previsti rimborsi. Altre province ancora titubanti

I numeri sono importanti: 1050 profughi già sbarcati a Lampedusa in queste tre settimane del 2014. E con i Centri di accoglienza al Sud e al Centro “pieni”, inevitabile che il Ministero dell’Interno venga a bussare le porte delle prefetture venete. La prima a dire Sì è stata quella di Verona, che ha contattato Comuni ed enti locali per chiedere disponibilità. In 24 ore in terra scaligera sono stati “rastrellati” 30 posti e ce ne sarebbero molti altri attuabili. Come scrive il Corriere Veneto, i prefetti spiegano che

“Nel 2013 si sono registrati massicci sbarchi di cittadini stranieri sul territorio nazionale. Per far fronte a tale emergenza, il Tavolo nazionale di coordinamento ha rappresentato la necessità di reperire ulteriori strutture di accoglienza per il triennio 2014/2016, che consentiranno l'ampliamento della capacità ricettiva a oltre 21 mila posti. Pertanto si invita a voler segnalare, con ogni consentita urgenza, l'eventuale disponibilità di strutture, preferibilmente non alberghiere, da destinare alla possibile accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale. Si evidenzia l'opportunità di individuare strutture con una capienza media di 20/50 persone e comunque non superiore a 100”

Alla base delle disponibilità, oltre alla già conclamata apertura verso gli stranieri dei veronesi (in barba alle malelingue), c’è anche la possibilità dei rimborsi. Gli enti che accetteranno di ospitare i profughi avranno un rimborso di 30 euro più Iva al giorno. A persona. Con in più vitto, alloggio, assistenza per la lingua, asilo, abbigliamento, biancheria, igiene e gestione amministrativa dell’ospite. A quest’ultimo andrebbero anche 2,5 euro al giorno in contanti e 15 euro per la ricarica telefonica, all’arrivo. Il prefetto di Verona, Perla Stancari avrebbe già comunicato al Ministero la disponibilità di 30 posti iniziali nelle stesse strutture che nel 2011, anno dell’ultima emergenza, ospitarono 200 persone.

“Vediamo cosa ci risponde il Ministero, quali esigenze emergeranno e casomai potremo aumentare l'offerta, fermo restando che gli stranieri in arrivo saranno distribuiti a piccoli gruppi in vari Comuni della provincia, come sempre, in modo da non provocare un impatto importante su un unico territorio”

Apertura anche dal Comune di Verona, con il sindaco Flavio Tosi che ribadisce che comunque gli spazi sono terminati

“Noi abbiamo ancora in carico 50 libici, perciò per ora il capoluogo non ha più spazi fisici per ulteriori profughi, che dunque saranno indirizzati in provincia. Però nessuna contrarietà ad aiutare persone bisognose, socialmente non pericolose e con il sostegno economico statale”

Ma se i veronesi hanno battuti tutti sul tempo, le conferme da altre province ancora latitano. Risposte non proprio convinte sul futuro degli ospiti lo hanno dato, sulle pagine del quotidiano locale, le prefetture di Padova (“Non si possono organizzare ricoveri dalla sera alla mattina, bisogna organizzarsi per tempo”), Vicenza (“Non saremmo in grado di offrire nemmeno dieci posti”), con molti sindaci del Veneziano, poi, che hanno sbarrato subito la possibilità. Restano da vagliare le province di Treviso, Belluno e Rovigo. I Comuni, secondo l’Anci Veneto, non sono dell’umore migliore, tuttavia. Come spiega Giorgio Dal Negro, presidente regionale dell’associazione:

“Prevedo una risposta molto freddina da parte di molti sindaci veneti, davanti a una minestra riscaldata che non promette niente di buono. Nel 2011 diversi Comuni ebbero in ritardo il rimborso dal governo, alcuni lo ottennero parzialmente, altri per niente. Prima di ripetere l'esperienza servono due garanzie dallo Stato: soldi e una legge che ci consenta di impiegare i profughi in qualche lavoro, altrimenti diventano nullafacenti che scatenano le lamentele dei cittadini”

DALLA REGIONE - Non molto fiducioso neanche il presidente della Regione, Luca Zaia. “Vorrei che si capisse che la mia e quella di molti sindaci veneti non è una chiusura dettata da pregiudizi e tanto meno dall’indifferenza per le sorti di persone disgraziate, ma dalla convinzione che dicendo ancora una volta di sì il problema dell’accoglienza di questa gente non verrà mai seriamente affrontato da chi ha le competenze, le responsabilità, le risorse e gli strumenti legislativi per cercare di risolverlo”.

“Se di fronte a questa soluzione dettata dallo Stato – prosegue Zaia – si registra un coro di ‘non ce la facciamo’, ‘non abbiamo le strutture’, proveniente da tutto il territorio, indipendentemente dal colore delle amministrazioni locali, ci sarà pure un motivo. Qui non si tratta di chiudere le porte in faccia a dei bisognosi, ma di far capire a chi ostinatamente, a ogni emergenza, scarica le complicazioni distribuendole nei diversi Comuni, che così non si può andare avanti. Oggi i profughi sono 85, l’anno scorso erano qualche centinaio, domani chissà… Così non si aiuta chi di sofferenze ne ha già patite tante e si danneggia una volta di più le amministrazioni locali che in questi anni dai governi centrali hanno preso uno schiaffo dietro l’altro”.  

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