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Cronaca San Bonifacio / Via Roma

Verona, cibo e bevande ai privati ma a spese del Comune: sorella del candidato sindaco a processo

Funzionaria dell'amministrazione accusata di peculato, falso per induzione e calunnia. Anche i vertici della ditta di catering nei guai. Nel mirino fatture da oltre 2mila euro emesse per la fornitura durante alcune manifestazioni

Fatture emesse per servizi mai richiesti dal Comune ma addebitati all’amministrazione. Con l’accusa di peculato, fals, falso per induzione e calunnia, è finita nei guai la sorella del candidato sindaco di San Bonifacio, Elena Pasini. Nelle scorse ore è cominciato il professo che vede imputata la donna, funzionario comunale che, secondo l’accusa, fece liquidare al Comune i conti delle spese per una fornitura di cibi destinati all’associazione “Sole e luna” che poi li rivendette durante una manifestazione di arti marziali al Palaferroli. Non solo.

Secondo il pm rientra nel peculato anche la fornitura di caffè da 130 euro e il rinfresco (253 euro) di fine corso al Centro estivo. Le indagini della guardia di finanzaavrebbero fatto emergere anche la corresponsabilità della ditta di catering Dav, nella persona del suo amministratore delegato. Secondo le ricostruzioni dell’accusa questi avrebbe incassato il pagamento in contanti della fornitura ma fece emettere la fattura all’amministrazione sanbonifacese, consegnandole direttamente alla funzionaria comunale, senza passare dall’ufficio Protocollo. Per questo il dirigente è stato accusato di “concorso in peculato”. Come spiega L’Arena, si tratta di

una vicenda complessa che emerse in seguito alla denuncia che la signora fece contro il legale rappresentante della Dav ritenendo che avesse gettato discredito su lei e sulla sorella (che all'epoca era assessore). In quella denuncia descrisse le modalità e le ragioni delle forniture ritenendo di essere stata accusata ingiustamente (in seguito alle segnalazioni del vertice della Dva era iniziato un procedimento disciplinare con la notifica di una contestazione di addebiti). Il pm delegò le indagini alla guardia di finanza ed emerse un quadro decisamente diverso. Emersero i pagamenti effettuati senza determina di riferimento o richiesta dell'ente. E per lei arrivò anche l'accusa di calunnia.

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