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Verona, la "bea vita" dell'ex vicesindaco Giacino: "palestre, attico, auto, ristoranti grazie alle tangenti"

Polizia e Procura alla ricostruzione di movimenti bancari e spostamenti per gli incontri preliminari tra l'ex amministratore di Verona e un imprenditore edile. "Ampia disponibilità di denaro da fonti non lecite"

Non avrebbe disdegnato agi e comodità: dal 2008, come è riportato nell’ordinanza di arresto, l’ex vicesindaco Vito Giacino avrebbe avuto a disposizione auto di grossa cilindrata, abbigliamento e accessori di firma, arredamento di design per la casa e la possibilità di frequentare estetisti e ristoranti non certo a buon mercato. L’attico nel quale abita assieme alla moglie, inoltre era già stato oggetto di contestazioni e polemiche: un costo di 1 milione e 700mila euro esclusa, appunto, la mobilia e gli attrezzi da palestra. L’ex vicesindaco e braccio destro di Flavio Tosi è in carcere da lunedì. Ce l’ha portato la polizia giudiziaria di Verona, mettendo ai domiciliari la consorte, Alessandra Lodi. Ci sarebbe il pericolo di “inquinamento delle prove”. Per questo è stato rinchiuso in cella. L’accusa è di corruzione, concussione e abuso d'ufficio.

L’ex vicesindaco si era dimesso da ogni carica il 15 novembre scorso dopo le perquisizioni del suo ufficio in municipio, del suo studio legale e di quello della moglie, e l'acquisizione di documentazione relativa a permessi urbanistici e a consulenze affidate alla moglie. Negli sviluppi dell'inchiesta sarebbero emersi ingiustificati pagamenti da parte di un imprenditore, Alessandro Leardini. Parte in contanti, circa 500mila euro, e parte attraverso consulenze legali che l'avvocato Alessandra Lodi poi non avrebbe mai compiuto, per un ammontare di oltre 600mila euro. Versamenti che il costruttore sarebbe stato indotto a pagare, in varie trance e più anni, in cambio di presunti favori sull'edificabilità di alcuni lotti del costruttore. Con lui Giacino avrebbe preso sempre appuntamenti fuori città. A Milano, Bergamo, Mantova, Venezia. Incontri in ristoranti di lusso che ora stanno passando al setaccio degli inquirenti. A fornire una possibile “mappa” saranno gli spostamenti registrati dal Telepass. In un caso, che risale nel 2009, Leardini e l’ex vicesindaco sarebbero volati a Praga, nella Repubblica Ceca, per fare un sopralluogo in un appartamento che sarebbe potuto rientrare nella tangente. In città, da tempo giravano “voci” maligne sul tenore di vita molto elevato della coppia e sui lavori da “sogno” compiuti per la ristrutturazione dell'attico in cui i due vivono. “Bea vita” la chiamano in dialetto veneto. Ma tutta in “nero”. I sospetti della Procura sono che per mantenere un certo livello, Giacino e Lodi mettessero mano al denaro arrivato con le mazzette. Come spiega il Corriere Veneto, secondo gli investigatori era presente
 

“la disponibilità di ampie provviste di denaro contante non riconducibili a fonti di guadagno di carattere lecito, e formatesi giustappunto in concomitanza dei periodi nei quali Leardini sostiene di avere effettuato il pagamento delle tangenti in denaro contante alla coppia”


Prova sarebbero i movimenti bancari dai conti corrente nei quali venivano depositati stipendi e lavoro fatturato. Il resoconto avrebbe portato alla luce prelievi praticamente assenti. E in questo coincidono i tempi ricostruiti dalla polizia e dalla Procura. Dal 2008, data della prima presunta tangente da 110mila euro dell’imprenditore, Giacino e moglie avrebbero cominciato a diminuire l’uso di bancomat e carte di credito. In quello stesso anno i prelievi bancari ammontano a 15mila euro, nel 2009 scendono a 4214 euro e a 1500 nel 2010. Un dato che agli occhi della Procura appare “inverosimile”, poiché significherebbe, secondo i conti del giudice per le indagini preliminari, che i due coniugi vivevano con 126 euro al mese. E, come spiega il Corriere Veneto riportando le parole del pm,

“Un dato tanto più stridente al sol considerare il vertiginoso aumento della capacità reddituale della coppia. È sostanzialmente inverosimile una simile contrazione della spesa corrente tanto più alla luce delle esigenze di rappresentanza conseguenti all'ascesa politica di Giacino e professionale della Lodi”

Centinaia, poi, sarebbero le telefonate intercettate dalla polizia, raccolte in mesi di indagini. L’imprenditore edile avrebbe anche descritto le modalità di richiesta e di versamento delle presunte tangenti. In alcuni casi Giacino si sarebbe rivolto a Leardini attraverso biglietti sulla quale erano scritte alcune domande al quale era necessario rispondere sempre per iscritto.

TOSI: "UN MIO AMICO" - "Vito Giacino? Era il mio vicesindaco, era ed è un mio amico, perché l'amicizia non si rinnega mai, e spero che possa dimostrare la sua innocenza”. Così Flavio Tosi, alla trasmisione radiofonica "Un Giorno da Pecora", su Radio2. “Il procuratore della Repubblica ha detto due cose: primo che ora inizia la fase di accertamento della verità, e due che io non c'entro assolutamente nulla”. Giacino doveva essere il suo successore? “Che potesse essere il mio successore quello è nella mente di Dio...”.

Alla domanda dei conduttori sul motivo per cui alcuni tifosi del Verona hanno esposto uno striscione con scritto "Fuori Tosi dalla curva", il sindaco ha commentato sicuro: “Sono stati quelli di Forza Nuova”. Tornerà in curva? “Certo. Siamo in 6mila, non è che per qualche decina di persone di Forza Nuova non ci torno più, alla prossima partita torno sicuramente in curva”.

IL VIDEO DELL'INTERVISTA A TOSI SU RADIO2.IT

"NON PUO' AVER FATTO TUTTO DA SOLO" - Sulla vicenda si fa ancora forte la voce del Partito democratico di Verona. Spiega Michele Bertucco, capogruppo in Consiglio comunale: "Se davvero sotto Giacino esisteva un tariffario delle tangenti mi spiegherei perché i quartieri di Verona non hanno mai visto un centesimo di tutti i milioni di euro promessi col Piano degli Interventi: nel presentare il tanto sbandierato contributo richiesto ai privati, Giacino si sarebbe infatti dimenticato di specificare che questo serviva per la sua sostenibilità, considerato l'altissimo tenore di vita che conduceva, non certo quella dei quartieri".

"Detto questo, battute a parte, occorre diffidare da quanti vorrebbero far passare la vicenda dell'ex vicesindaco come un affare di famiglia circoscritto a lui e alla moglie. L'urbanistica è materia talmente complessa che è impensabile che un uomo solo, quantunque potente, possa manovrare tutto a suo piacimento. Ogni provvedimento riceve infiniti pareri di conformità dai tecnici e viene vagliato più volte sotto il profilo degli indirizzi politici. Dire che si tratta di casi isolati è raccontare una favola. E Verona di favole in questi sette anni ne ha ascoltate fin troppe".

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