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Martedì, 23 Aprile 2024

Truffa al "bonus facciate" per acquistare attività sul Garda: 10 arresti e beni sequestrati

L'operazione scattata nella mattinata di martedì, ha visto la collaborazione tra i finanzieri dei Comandi provinciali di Verona ed Agrigento, insieme ai carabinieri del Comando provinciale scaligero, con al centro un presunto sodalizio criminale con base a Peschiera e nel basso lago

L’accusa è quella di aver fatto parte di un’associazione per delinquere il cui scopo era quello di commettere truffe per l’illecita percezione di contributi statali, il cosiddetto "bonus facciate”, utilizzando crediti fiscali fittizi che, una volta monetizzati, sarebbero stati riciclati nell’acquisizione di attività economiche sul lago di Garda. Il tutto, tra l’altro, aggravato dal carattere transnazionale, avendo gli indagati operato sia sul territorio nazionale che estero.

Questi i motivi che nelle prime ore di martedì hanno portato i finanzieri dei Comandi provinciali di Verona ed Agrigento, insieme ai carabinieri del Comando provinciale scaligero, ad eseguire in Veneto, Lazio, Piemonte e Sicilia, l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Verona, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 10 individui, 3 dei quali condotti in carcere e 7 agli arresti domiciliari, mettendo i sigilli anche a conti correnti, autovetture, immobili nonché a una società, a un hotel, a due pasticcerie, a due ristoranti e ad un locale sul lungolago gardesano.
L’autorità giudiziaria scaligera ha infatti anche disposto il sequestro preventivo ai fini della confisca di beni per un valore che ammonta a oltre 5 milioni di euro.

Truffa al

Secondo le forze dell'ordine, la presunta associazione a delinquere, che operava su gran parte del territorio nazionale, aveva base nel comune di Peschiera del Garda e nell’area bresciana del lago. Qui gli indagati, di origine siciliana, calabrese, campana e albanese, avvalendosi della professionalità di un commercialista attivo nella provincia di Treviso e dopo aver monetizzato circa 5 milioni di crediti d’imposta fittizi provenienti dal cosìddetto "bonus facciate", attraverso la cessione a Poste Italiane Spa, avrebbero reinvestito e riciclato i proventi della imponente truffa ai danni dell’Erario acquistando locali turistici e commerciali sulle sponde lacustri. 
L’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari, e il decreto di sequestro preventivo, hanno interessato 12 persone fisiche operanti in Italia e in Spagna, tutte indagate, a vario titolo, per i reati di associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio.

Indagini in parallelo

Frutto di una convergenza, le indagini hanno visto un avvio parallelo tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, nella provincia di Agrigento ad opera dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria del capoluogo siciliano e sul territorio gardesano ad opera dei carabinieri di Peschiera del Garda.
Le Fiamme Gialle agrigentine, coordinate dalla Procura della Repubblica della città dei Templi, nell'ambito di un vasto contesto investigativo, avrebbero intercettato alcune conversazioni telefoniche dal contenuto enigmatico, da cui però sarebbero emerse operazioni che avevano come oggetto transazioni finanziarie collegate alla cessione di crediti fiscali provenienti da “bonus edilizi”.
Sarebbero partiti così gli approfondimenti della Finanza nei confronto dei soggetti indagati, grazie ai quali sarebbe stato svelato un meccanismo fraudolento che si estendeva ben oltre i confini siciliani e che stava inquinando l’economia del territorio scaligero.

Parallelamente, i carabinieri del Comando della Compagnia di Peschiera stavano svolgendo un'indagine autonoma nei confronti di alcuni individui che da poco tempo si erano insediati nell'area gardesana, i quali sarebbero stati protagonisti di frenetiche operazioni di acquisto di strutture turistiche e attività commerciali sulla sponda sud occidentale del Garda, mostrando quella che agli occhi dei militari è apparsa come una consistente e anomala diponibilità finanziaria. 

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La Procura della Repubblica presso il tribunale di Verona, chiamata in causa dall'Arma scaligera e dai magistrati agrigentini, ha così optato per un lavoro in sinergia, delegando le indagini sull’intero contesto ai carabinieri della Compagnia di Peschiera del Garda e ai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico finanziaria di Verona. 
Una scelta che si sarebbe rivelata efficace, dal momento che la proficua collaborazione avrebbe permesso di ricostruire in tempi rapidi ed in maniera analitica le operazioni effettuate dagli indagati e i rapporti intrattenuti sul territorio scaligero.

Il meccanismo

Indagini grazie alle quali le forze dell'ordine avrebbero portato alla luce un meccanismo illecito, che sarebbe stato sviluppato mediate numerose condotte fraudolente, ad opera di una compagine criminale che avrebbe creato ad arte i presupposti per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate di oltre 17 milioni di euro di crediti d’imposta inesistenti in relazione ai “bonus facciate”.
Dagli accertamenti sarebbe emerso che all’origine delle catene di cessione dei crediti fittizi vi erano diverse decine di persone fisiche che risultavano aver dichiarato (nella maggioranza dei casi inconsapevolmente) di avere effettuato lavori di ristrutturazione edilizia delle facciate esterne (così acquisendo il diritto alla detrazione del relativo importo pari al 90% della spesa che avrebbero dovuto sostenere) e di aver poi comunicato di aver ceduto i relativi crediti a terzi.

Successivamente le pratiche, per centinaia di migliaia di euro, sarebbero state trasmesse, per conto degli ignari titolari, ad opera di un commercialista residente nella provincia di Treviso, già d'accordo con gli altri membri del presunto sodalizio criminale. I crediti d’imposta così originati venivano ceduti a società e imprese individuali, che sarebbero tutte riconducibili agli indagati, direttamente o indirettamente, le quali a loro volta li avrebbero ceduti a Poste Italiane Spa (inconsapevole della frode e indotta in errore) per un importo complessivo pari a circa 5 milioni di euro monetizzandoli in denaro utilizzabile a tutti gli effetti.

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Una volta ottenuto illegalmente come controvalore dei crediti, il denaro sarebbe stato trasferito su conti esteri, principalmente spagnoli, per poi rientrare nella disponibilità del sodalizio, che lo avrebbe poi utilizzato per acquistare alcune attività economiche, ovvero un hotel, due bar, due pasticcerie e due ristoranti sul lago di Garda, oltre ad abitazioni ad uso residenziale e varie quote di società. Immobili situati a Peschiera, Desenzano e Moniga sul Garda.

Gli arrestati sono stati portati in carcere o messi ai domiciliari, in attesa di essere ascoltati dal gip per rispondere, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio. Si tratta di persone residenti in città e provincia di Verona, Agrigento, Treviso, Venezia e Caltanissetta. 
Le attività economiche sequestrate sono state invece affidate ad un amministratore giudiziario individuato nel provvedimento cautelare dal tribunale di Verona.

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