Traffico di droga tra Albania e Italia: sequestrata una raffineria in provincia
Le indagini della Guardia di Finanza hanno dato il via all'esecuzione di 21 arresti e al sequestro di beni per 10 milioni di euro, oltre a quelli di 1000 kg tra supefacente e sostanze da taglio e di due raffinerie
L'operazione "Enigma" ha preso il suo nome dalla famosa macchina utilizzata dai nazisti per cifrare i messaggi nel corso del secondo conflitto mondiale: in questo caso infatti i malviventi cambiavano ogni settimana i codici anti-intercettazioni, ma questo non è bastato loro per sfuggire alle forze dell'ordine.
Oltre cento finanzieri del Nucleo polizia tributaria di Venezia-Gico, con il supporto dello Scico, e personale della polizia albanese, sono stati impegnati nell’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare disposte dal giudice e 16 arresti in flagranza di reato (a cui vanno aggiunti quelli eseguiti in Albania), oltre al sequestro di 450 kg di sostanza da taglio, 325 kg di marijuana, 206 kg di eroina, 5 automobili e 2 laboratori per la raffinazione di sostanze stupefacenti. Le indagini presero il via nel 2010 nella zona di Venezia, da appostamenti e pedinamenti di pusher di strada, prima che gli indizi conducessero gli inquirenti a spostare l’attività investigativa a Padova e che li portassero a compiere un maxi sequestro in autostrada nel bresciano, dove vennero rinvenuti circa 20 kg di eroina. Le Fiamme Gialle quindi capirono di essere sulla retta via ma probabilmente neppure loro immaginavano che dietro ci fosse un’organizzazione così ben radicata e strutturata sul modello dei terroristi islamici, ovvero tante cellule indipendenti in grado di proseguire il “lavoro” anche in caso di arresto degli affiliati, con capi “senza volto” e messaggi cifrati.
L’organizzazione inoltre investiva i proprio guadagni, oltre che in ulteriore stupefacente, anche nel “mattone”, così mercoledì mattina hanno preso il via una serie di sequestri immobiliari sul suolo italiano. Sono stati requisiti ad esempio una villa di tre piani da 450 metri quadrati e un complesso di oltre 10mila metri quadri a Durazzo, per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro. In Albania sono state invece sequestrate anche tre presse idrauliche provviste di martinetti pneumatici e stampi metallici, un furgone, uno scooter, due navigatori satellitari, 51 telefoni cellulari, un coltello da combattimento.
L’organizzazione smantellata dalle forze dell’ordine si dedicava quindi al traffico internazionale di droga tra l’Albania e l’Italia, operando in Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Umbria. A Mori, in provincia di Trento, era attiva una cellula di distribuzione e consegna dello stupefacente e un’altra che seguiva invece la parte logistica, ovvero raccogliere i soldi ed inviarli in Albania, a bordo di camion provvisti di doppio fondo o utilizzando l’aereo, nel modo più sicuro possibile. A Roverchiara invece un gruppo (individuato nel 2011 in una vera e propria raffineria di eroina, con sequestro di 130 chili di stupefacente) era incaricato di ricevere, lavorare e distribuire i carichi di droga; infine è stata individuata anche una struttura criminale a Padova, che svolgeva il compito di collegamento tra i trafficanti locali e i capi dell’organizzazione, oltre che di distribuzione dello stupefacente.
A capo dell’organizzazione A.H., 31 anni, e E.H., 28 anni, che hanno impostato la loro “creatura” sulla stampo delle organizzazioni terroristiche e mafiose: cellule distinte che sapevano già cosa fare e nessun contatto. Per comunicare utilizzavano appunto un sistema di comunicazione criptato, costituito da caratteri alfanumerici, che veniva rinnovato di volta in volta.
L’evoluzione di questa organizzazione è legata alla storia dei suoi due capi, due fratelli albanesi che si sono fatti largo nella malavita nostrana grazie ad un mix di doti umane e criminali. I due sono arrivati da clandestini nel padovano circa 15 anni fa, facendosi largo nel mondo del traffico di stupefacenti grazie alla loro determinatezza e alla loro intraprendenza: da lì hanno iniziato a gestire “giri” di droga sempre più grandi, fino a toccare la quota di una tonnellata l’anno e trattando anche altre sostanze come la marijuana. L’organizzazione da loro creata trattava principalmente eroina, che veniva prodotta in Afghanistan e importata in Europa attraverso la rotta balcanica, per poi giungere in un mercato “fiorente” come quello veneto (seconda regione in Italia per sequestri di questo tipo nel 2014).
Ma dopo aver raggiunto un certo “successo” nel loro settore, ed essere rimasti in Italia per diversi anni, i due fratelli hanno fatto ritorno in Albania da dove dirigevano le operazioni.
Acquistata in Turchia a 5mila euro al chilo, la droga poi veniva tagliata, diventando 5 o anche 10 volte maggiore alla quantità iniziale: numeri spaventosi se consideriamo che una dose di eroina, al dettaglio, costa 40 euro e un chilo quindi ne frutta ben 40mila. Denaro che per l’appunto veniva o reinvestito in stupefacenti o in proprietà immobiliari. Nel corso delle operazioni è stata sequestrata valuta per 76.700 euro, cui si aggiungono 17mila franchi svizzeri. I capi ora rischiano oltre 20 anni di carcere, ma sono tra i cinque cittadini albanesi ancora da individuare e arrestare. L'operazione, avviata anche grazie al supporto del Sisco (servizio per la cooperazione internazionale di polizia del ministero dell'Interno), è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Venezia – D.D.A.. Le investigazioni sono state svolte in stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria e la polizia albanese, con il coordinamento della direzione centrale per i servizi antidroga e, appunto, il Sisco.