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Cronaca Caprino Veronese

«Aiutateci a salvare nostro nipote di 5 anni: è a Donetsk e la madre non vuole portarlo in Italia»

L'appello è lanciato da due nonni angosciati per la situazione in Donbass, dove vive il loro unico nipote da qualche tempo: «Lei non vuole venire in Italia, ci dice che è nemica della Russia e non intende portare suo figlio in Occidente»

Vorrebbero riportare in Italia il loro unico nipote, «finché le cose non si calmano», ma la madre e la sua famiglia non intendono dare ascolto alle loro parole, preferendo tenere il bambino in una zona a rischio come Donetsk, capitale dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk, una delle aree al centro del conflitto partito nel Donbass nel 2014 e ora uno dei teatri della guerra tra Russia e Ucraina. 

Si tratta di una coppia di nonni originari della Brianza che ora vivono a Comacchio, Marcello Bonato e Angela Barbara Borrelli, il cui figlio ha avuto una relazione con una donna ucraina dalla quale è nato il piccolo R.M. più di 5 anni fa. Il padre, ora residente a Caprino Veronese, aveva incontrato la madre del loro futuro figlio in Ucraina, una donna tenente dell'esercito di Kiev. I due, qualche anno fa, decisero di sposarsi: quest'ultima evitò così la chiamata per il conflitto nelle zone filorusse e dalla loro unione è nato il bambino. Un rapporto che però si sarebbe poi incrinato portando alla separazione e il piccolo ora vive insieme alla madre, che si è trasferita a Donetsk insieme alla sua famiglia: R.M. ha già compiuto 5 anni e da 4 vive nella capitale della Repubblica Popolare autoproclamatasi nel 2014. 

«Ci rivolgiamo a voi tutti per mettervi al corrente della situazione che sta subendo nostro nipote», scrivono Marcello e Angela in una nota diffusa. «Malgrado gli sforzi da noi intrapresi, con il supporto del Console Italiano S.E. Nicolaci, e da svariate istituzioni, il bambino continua a trovarsi a Donetsk e, di fatto, è in costante pericolo di vita. Lunedì 14 marzo, un missile è caduto a meno di due chilometri dall'abitazione ove risiede. L’esplosione che ne è conseguita ha causato trenta morti ed un numero ancora imprecisato di feriti. Il nostro dolore è vivo: non siamo neanche in grado di immaginare cosa stia passando nostro nipote, che altri non è che un piccolo cittadino italiano, intrappolato in una situazione assai difficile da risolvere».

Naturalmente anche il padre sta facendo di tutto per conoscere le condizioni del figlio, nella speranza di poter fare qualcosa: «È in contatto costante con persone buone, che abitano nello stesso quartiere di Donetsk e che hanno preso a cuore la questione: tali contatti confermano, purtroppo, che in questi ultimi giorni la città è costantemente sotto attacco e sottoposta a ripetuti bombardamenti, giorno e notte. La famiglia della madre ci liquida con un “va tutto bene”, quando invece le evidenze sono del tutto opposte! La madre continua ad opporre una resistenza insensata al voler mettere al sicuro il figlio».

Preoccupa anche l'assenza di alcuni beni e servizi di prima necessità, causata dal conflitto: «Questo quadro di estrema criticità bellica è completato da elementi che esacerbano il quadro di totale emergenza: si parla di imminente chiusura dell’acqua per la città. Gli ultimi combattimenti hanno determinato l’interruzione di elettricità e riscaldamento. Si ravvisano prime scarsità di generi alimentari. In tale disperata situazione, non ci è più possibile aiutare il piccolo neanche prettamente a livello economico: per via del regime sanzionatorio imposto alla Federazione Russa, non ci è più consentito inviare denaro di sostegno».

Contattati telefonicamente, i due coniugi hanno potuto spiegare la situazione. Ha parlato soprattutto Marcello perché, come ha detto Angela, «conosce meglio i dettagli». 
«La madre non ha intenzione di portare il bambino in Italia, dice che il suo destino è legato a lei», ha spiegato il nonno con la voce di chi ce lha messa tutta nel tentativo di convincere la donna: «Non vorremmo usare parole forti, ma la riteniamo una scelta sconsiderata. Il conflitto si è intensificato e solo lunedì un missile è esploso a neanche 2 chilometri da dove abita il piccolo. Per noi è un'angoscia, è il nostro unico nipote. Vorremmo farlo venire in Italia finché le acque non si calmano: dalla Brianza ci siamo trasferiti a Comacchio, dove potrebbe trascorrere del tempo al mare e divertirsi come dovrebbero fare i bambini della sua età».
La mamma però non vorrebbe sentire ragioni: «Lei non vuole venire in Italia, ci dice che è nemica della Russia e non intende portare suo figlio in Occidente. Dice che se vogliamo vederlo dobbiamo andare là: ci siamo già stati due volte, ora cercheremo di programmare la terza». Anche avere una conversazione non sarebbe semplice: «Non c'è dialogo con la madre e poco con la sua famiglia. L'ex suocera di mio figlio ci dice che tutto era già scritto nelle Sacre Scritture: la guerra servirebbe a purificare l'Occidente, che viene visto come un nemico. Loro sono molto ortodossi». 

L'appello dei due nonni è passato anche per una stazione televisiva e delle lettere sono state inviate al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a Papa Francesco: «Non possiamo accettare questa situazione. L'Italia se vuole è un grande Paese e chiediamo che le autorità competenti si mettano al lavoto per riportare nostro nipote in Italia, al sicuro, fino a quando la zona non tornerà sicura». 

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