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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Rapporto Caritas 2017, le risposte offerte dai centri di ascolto veronesi

Non solo un sostegno per il superamento delle piccole difficoltà quotidiane, ma anche l'attivazione di processi che possano portare le persone o le famiglie al di fuori dell'emergenza

In occasione della prima Giornata Mondiale dei Poveri, istituita per domani, 19 novembre, in seguito all'Anno della Misericordia da Papa Francesco, la Caritas diocesana veronese ha presentato il suo annuale Rapporto Caritas, che fotografa l'attività della rete composta da 56 centri di ascolto.

Tre le vie seguite dai centri di ascolto per aiutare i bisognosi. C'è un gruppo che opera dentro lo spazio parrocchiale e, a fronte delle numerose richieste emergenziali, si concentra ancora sulla risposta immediata non indagando le cause che generano la richiesta. Un secondo gruppo, invece, prende in carico in un progetto più articolato la persona o la famiglia aiutata. Contemporaneamente si sta già delineando un terzo gruppo che sta cambiando il volto dei centri di ascolto. Si tratta di centri che escono dagli spazi parrocchiali per incontrare le persone nei luoghi prossimi alla quotidianità, attivando reti di comunità.

Il Rapporto Caritas 2017 è suddiviso in tre parti. La prima è un ricerca sulle "Reti di Comunità" curata dalle Caritas del Triveneto. La seconda è una fotografia delle persone incontrate nei centri di ascolto. La terza è un focus sui centri di ascolto di Sommacampagna.

Si è consolida e ampliata la rete dei centri di ascolto presenti nel territorio della Diocesi di Verona: dai 15 operativi nel 2006 ai 56 del 2017 - ha commentato Barbara Simoncelli, coordinatrice del rapporto - Concretamente, questo significa una presenza più diffusa e una maggiore capacità di risposta alle situazioni di sofferenza e disagio.

Ad illustrare alcuni dati contenuti nel rapporto è stato Michele Bertani, sociologo dell'università di Verona. Le persone incontrate nel campione selezionato dei 21 centri di ascolto veronesi sono 2.668. In base ai singoli casi, le persone possono presentarsi una sola volta nel corso dell’anno oppure, quando si attiva un percorso di accompagnamento, anche per più volte. In media, nel 2016 ogni persona registrata si è presentata circa 3 volte. Le realtà dei singoli centri di ascolto sono molto eterogenee in termini di numerosità dell'utenza (dalle 11 persone registrate nel centro parrocchiale di Santa Maria Immacolata alle 1.223 del centro diocesano) e anche in termini di genere (in alcuni centri l'utenza è prevalentemente femminile, come a Castel D’Azzano, San Giovanni Lupatoto e Santa Maria Immacolata di Verona). A Verona città si registra il maggior numero di persone, oltre 1.500 (circa il 60% del totale), di cui circa 1.200 registrate dal centro di ascolto Diocesano. Questa struttura è molto articolata e offre servizi attualmente non disponibili altrove, come l'accesso all'ambulatorio Beato Carlo Steeb. Elementi che rappresentano un fattore di attrazione anche per il territorio provinciale. Numeri consistenti, rispetto ai dati provinciali, anche per il centro di ascolto del Tempio Votivo, che nel 2016 ha registrato circa 350 persone. Si tratta di un centro localizzato nel piazzale della stazione ferroviaria di Porta Nuova, nodo strategico per i trasporti ferroviari e via terra, e intercetta prevalentemente persone straniere, che si aggregano nelle zone limitrofe. Le persone incontrate sono nel 29% dei casi cittadini italiani e nel 71% dei casi cittadini stranieri.

Il colloquio e l'ascolto sono due fasi fondamentali e irrinunciabili perché consentono di far crescere la relazione generativa tra i volontari e le persone o le famiglie che si trovano, per vari motivi, in un momento di difficoltà. L'obiettivo è quello di rilevare i bisogni reali e definire una serie di azioni per ridurre o eliminare le cause che hanno generato la situazione di difficoltà. Le problematiche che vengono segnalate sono principalmente di natura economica, a seguire quelle lavorative, di salute e abitative. Un trend in aumento si registra per quelle economiche e lavorative. Mentre l’unica differenza marcata tra stranieri e italiani riguarda le problematiche familiari, decisamente più consistente per questi ultimi. Il conflitto familiare potrebbe incidere molto sulla condizione di povertà, dato che genera famiglie monoreddito e la presenza di figli aggrava ulteriormente la condizione di rischio povertà.

Alla fase di ascolto segue l'individuazione delle risposte o azioni idonee a risolvere o a ridurre le cause di disagio. L'ambito principale in cui si sono incanalate le risposte dei centri Caritas veronesi sono l'erogazione di beni e servizi (viveri, spese per rimpatrio, prodotti per igiene personale), in aumento nel 2016 rispetto al 2015 sia per i beneficiari italiani che stranieri. Altra forma di intervento importante è l’orientamento che risulta più marcato per gli italiani che per gli stranieri. Seguono poi i sussidi e i finanziamenti (prestito solidarietà, microcredito, sussidi per esigenze scolastiche, sussidi per esigenze assistenziali o sanitarie) con valori intorno al 12% sia per italiani sia per gli stranieri. In conclusione, anche nel 2016 risulta esserci una situazione di sostanziale sovrapposizione tra le prime tre macro-tipologie di richieste – beni materiali, ascolto, sussidi economici – e le risposte dei centri Caritas. Verona e il suo territorio manifestano per quella parte della popolazione che trova ascolto e sostegno nella rete dei Centri della Caritas, difficoltà e vulnerabilità non molto dissimili da quelle che la Caritas Italiana ha registrato nel corso del 2016 nelle altre aree del Paese.

In conclusione, la Caritas veronese sta stimolando un cambiamento di pratiche per superare la logica dell'erogazione di risposte e andare verso l’attivazione di processi.

Il percorso è ormai tracciato con un forte investimento rispetto ad alcuni progetti, come il sistema degli Empori della Solidarietà, e ad alcuni strumenti operativi come l'accompagnamento, la formazione, gli osservatori locali, i tavoli di coordinamento e le occasioni culturali - ha detto Carlo Croce, vicedirettore della Caritas - Possiamo affermare che in questi anni si è aperto un cantiere. A provocarlo sono stati sicuramente i recenti fenomeni di impoverimento sociale non ancora sufficientemente intercettati da Caritas e per i quali è necessario attivare nuove energie attraverso una più consapevole partecipazione delle comunità parrocchiali e in un'ottica di nuove alleanze con altre organizzazioni.

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