Gli accertamenti delle Ulss di Verona e Vicenza al processo sull'inquinamento da Pfas
Sul banco dei testimoni i funzionari della sanità territoriale che avviarono gli screening sui cittadini delle zone rosse: «È stato confermato anche oggi in aula che gli acquedotti hanno fornito loro tempestivamente tutti gli elementi utili per individuare i cittadini potenzialmente esposti»
Dal 2013 a oggi le tre Ulss (Padova, Vicenza e Verona) della zona rossa, arancio e gialla hanno eseguito analisi sulle persone residenti nelle zone contaminate dai Pfas. Davanti alla Corte di Assise il 17 marzo si è parlato di come sono state individuate e sottoposte a screening le persone esposte alla contaminazione.
Gli imputati nel procedimento sull'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche sono 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.
«È stato confermato anche oggi in aula, dagli stessi funzionari delle autorità sanitarie, che gli acquedotti hanno fornito loro tempestivamente tutti gli elementi utili per individuare i cittadini potenzialmente esposti ai Pfas - spiega l’avvocato Giulia Bertaiola, che con i colleghi Marco Tonellotto, Vittore d’Acquarone e Angelo Merlin tutela gli interessi di Acque del Chiampo, Acque Veronesi, Viacqua e Acquevenete, costituitesi parti civili - la collaborazione con le Ulss è stata continua e costante: i gestori avevano ben compreso la potenziale portata dell’inquinamento e, pur non avendo competenze sanitarie, hanno offerto la più ampia disponibilità, condividendo tutte le informazioni in loro possesso per permettere gli screening sulla popolazione interessata». Si torna in aula il 24 marzo.