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Cronaca Legnago

Processo Pfas: «Analisi richieste nel 2008, confermano che Miteni sapeva del problema»

Il dibattimento sull’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche che ha colpito le province di Verona, Vicenza e Padova, è proseguito con la deposizione del maresciallo maggiore del Noe di Treviso Manuel Tagliaferri

È entrato nel vivo il dibattimento sulle cause dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche che ha colpito le province di Verona, Vicenza e Padova, con la deposizione del maresciallo maggiore del Noe di Treviso Manuel Tagliaferri.

Già nel 2008 le analisi commissionate da Miteni al laboratorio internazionale Agrolab, sequestrate dagli investigatori in fase di indagine, avrebbero individuato la presenza di Pfoa in altissima percentuale nelle acque reflue dell’azienda: più di 27 mila nanogrammi per litro.
Stando a quando riportato in aula, era stata la stessa Miteni a indicare al laboratorio la sostanza specifica da ricercare nelle analisi.

È quanto emerso nel corso della deposizione, dinanzi alla Corte d’Assise, dell’investigatore che ha condotto, su incarico della Procura, i tre filoni d'inchiesta che hanno portato all’avvio del maxi procedimento in corso nel capoluogo berico.
Gli imputati sono 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.

Nel corso del dibattimento sarebbe emerso chiaramente come Miteni, in possesso dei dati sui Pfoa dopo le analisi effettuate nel 2008, in fase di richiesta di autorizzazione allo scarico avrebbe dovuto denunciare la loro presenza nel refluo, ma tale dichiarazione non sarebbe mai stata effettuata.

«Trova quindi ulteriore conferma la tesi – commenta l’avvocato Angelo Merlin, che con i colleghi Marco Tonellotto e Vittore d’Acquarone seguono Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi, costituitesi parti civili – secondo cui la società, commissionando nel 2008 analisi specifiche sulla presenza di Pfoa nella acque reflue, fosse perfettamente a conoscenza del problema che poi è stato sottaciuto».

«La Regione sapeva?»

«Mentre si approfondiscono i fatti riguardanti la conoscenza di Miteni dell'inquinamento da Pfas prima del 2013, sembra sorgere un altro tema da analizzare, riguardante la Regione e che già negli scorsi anni avevamo provato ad affrontare istituzionalmente: era o no nelle condizioni di conoscere, ben prima del 2013, quanto stava accadendo?». A porsi la domanda è la consigliera regionale di Europa Verde Cristina Guarda. 
«Nonostante sia indubbia la mancata formale denuncia dell'inquinamento da parte di Miteni - prosegue Guarda -, torna ad emergere come la comunicazione della stessa azienda al Genio nel 2005, riguardo i pozzi usati per la barriera idraulica, potesse costituire un grave campanello d'allarme!
Così come lo erano le risultanze di uno studio previsto dal Progetto Giada: rilevavano sforamenti di derivati del fluoro nelle acque, mai controllati adeguatamente e, ancora, le successive comunicazioni di Miteni nel 2013 riguardo i filtri a carbone attivo acquistati ben prima della data in cui dichiara di aver installato la barriera idraulica.
Una istituzione seria ed attenta avrebbe dovuo approfondire queste incongruenze.
La nostra preoccupazione è avere conferma non solo di ciò che ormai per noi è chiaro, ossia la coscienza della contaminazione da parte di Miteni (esempio ne è la documentazione descritta dal Maresciallo del Noe oggi in aula, relativo al progetto di bonifica richiesto della proprietà più di 15 anni fa), ma anche del disinteresse da parte della Regione riguardo l'impatto ambientale di un'impresa che, negli anni 60, si era già macchiata di un gravissimo avvelenamento delle acque.
Capire per noi significa aiutarci a non commettere errori oggi ed in futuro: le istituzioni e i politici non possono permettersi alcuno scivolone né perdita di tempo.
I danni sanitari, sociali, economici e ovviamente ambientali sono pesantissime e costosissime croci sulle spalle dei cittadini. Almeno per questo, bisognerebbe essere intransigenti ed estremamente precisi nel richiedere la massima sicurezza e trasparenza», ha concluso la consigliera.

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