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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Centro storico / Corte Giorgio Zanconati, 1

Strage del bus ungherese, indignazione per la battaglia sulle parti civili

Nell'ultima udienza, le difese dei cinque imputati hanno proposto di escludere le parti civili, ma il giudice ha respinto la richiesta

Mercoledì scorso, 27 gennaio, si è tenuta una nuova udienza del processo sulla strage dell'autobus ungherese avvenuta il 20 gennaio 2017. Nel giugno scorso, era stato condannato a 12 anni di reclusione Janos Varga, l'autista del mezzo che trasportava una comitiva di studenti di un liceo di Budapest, insieme ai loro accompagnatori. Stavano tornando da una gita quando il veicolo finì contro un pilone dell'autostrada A4, vicino al casello di Verona Est, all'altezza di San Martino Buon Albergo. Erano in 54 a bordo di quel bus, che dopo lo schianto prese fuoco. Ne morirono 17. Ed alcuni ragazzi furono salvati da Vigh Gyorgy, un padre che in quella tragedia perse i suoi figli. Probabilmente, gli strascichi di quell'incidente provocarono la morte anche di Gyorgy, tanto che anche lui viene sempre ricordato tra le vittime.

La condanna di Janos Varga non ha però chiuso la vicenda giudiziaria, ancora aperta per cinque tecnici a cui viene chiesto di rispondere dell'accusa di omicidio stradale, perché responsabili a vario titolo della sicurezza del tratto stradale in cui è avvenuto l'incidente. L'ipotesi, infatti, è che se le protezioni stradali fossero state adeguate, l'incidente sarebbe stato meno grave ed il numero di vittime sarebbe stato minore.

La battaglia legale che si è consumata nell'udienza di mercoledì è stata per l'ammissione delle parti civili. Le richieste di esclusione avanzate dagli avvocati degli imputati sono state respinte dal giudice. Ma la semplice richiesta ha scatenato la reazione indignata dei parenti delle vittime.
In aula era presente l'onlus Aifvs (Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada), con il presidente Alberto Pallotti ed il legale, referente anche delle vittime, Davide Tirozzi. «L'udienza è andata bene - ha commentato Tirozzi - È stata confermata la presenza dell'associazione in quanto soggetto titolato e legittimato per essere parte effettiva nel procedimento. Siamo, quindi, totalmente soddisfatti e fiduciosi per la prossima udienza che si terrà il 22 marzo. In quell’occasione verranno formulare le ultime eccezioni preliminari e procedurali». Sull'iniziativa degli avvocati difensori, duro il commento di Pallotti: «Si sono battute per l'esclusione delle parte civili, motivando la posizione con il dubbio di parentela diretta dei presenti in aula. Il tutto è stato fatto nonostante esista una sentenza preliminare del giudice Gorra e siano stati effettuati i test del dna per riconoscere i corpi. Avremmo compreso la rivisitazione delle posizioni delle parti civili, ma non la loro esclusione. Alla conoscenza del documento ufficiale, i parenti delle vittime si sono profondamente dispiaciuti e, con grande compostezza ed eleganza, non hanno aperto bocca. Hanno riconosciuto il sostegno della nostra associazione e, allontanandosi dall’aula, hanno esternato tutto il loro disgusto per le vergognose parole pronunciate dagli avvocati. Noi, come loro, le riteniamo a dir poco offensive».
Marton Laszlo, padre di una delle vittime, è stato sempre presente in tutte le udienze tenute negli ultimi 4 anni e ha detto: «Siamo in prima linea dalle prime fasi di questa vicenda e dobbiamo ancora ascoltare avvocati che mettono in dubbio le parentele con le vittime. Non credevo avrei mai assistito ad una scena simile, ma siamo contenti per la scelta del giudice e siamo fiduciosi per il prosieguo».

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