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Cronaca Montecchia di Crosara

Pietro Maso è di nuovo un uomo libero. Il giudice: "Le polemiche non hanno alcun senso"

Oggi l'uomo che 22 anni fa uccise i suoi genitori per ottenere la loro eredità è uscito dal carcere, ma sulla figura di Maso continuano ad agitarsi numerose polemiche

Dopo una pena durata 22 anni Pietro Maso, l'uomo che il 17 aprile 1991 sterminò i suoi genitori per ottenerne l'eredità, oggi è di nuovo un libero cittadino. Maso è uscito dal carcere di Milano questa mattina, a bordo di una grossa auto bianca. A prenderlo sono infatti venute le sue due sorelle. Presto in libreria arriverà anche la sua autobiografia.

FINE PENA - Il provvedimento di scarcerazione è stato firmato da Roberta Cossia, giudice di Sorveglianza di Milano: "Mi stupisco che ci siano ancora polemiche quando un condannato per un fatto comunque atroce ha scontato la sua pena e torna in libertà. C'é ancora un'idea sotterranea vendicativa, dell'occhio per occhio, di restituzione dello stesso male che uno ha fatto, come se lo Stato si dovesse porre sullo stesso piano". Il giudice fa un riferimento indiretto alle critiche mosse dal sindaco di Montecchia di Crosara. "Credo che il pensiero sia questo - prosegue il giudice - e pertanto non esiste alcuna fiducia nella possibilità di reinserire coloro che hanno commesso delitti gravi e nemmeno una comprensione del significato di reinserimento in seguito a un percorso effettuato durante la detenzione con le misure alternative". In più, a dire del magistrato di Sorveglianza, in generale, "le polemiche rischiano di alimentare il narcisismo di queste persone portandole a stare sulla ribalta per quello che hanno fatto, per il male che hanno commesso, invece di rientrare nella normalità, nell'anonimato come tutti. Insomma - continua - tutto si dovrebbe fare tranne che sbandierare la storia negativa di queste persone che, invece, hanno bisogno di essere proiettate in un progetto futuro".

VERSO IL FUTURO - Detto questo il giudice ha sottolineato che la valutazione dell'iter di Maso, passato attraverso il pentimento e l'avvicinamento alla religione, è stata "complessivamente positiva. Si è fermato a pensare - ha aggiunto - e ha accettato di fare un percorso di revisione, di meditazione. Non so poi come costruirà il suo futuro. Non so se sceglierà la notorietà, ritornando a un passato negativo o vivere, come io gli consiglio, nell'anonimato. Quel che è certo è che oggi è un cittadino come gli altri e così deve essere considerato. Spero anche - ribadisce Roberta Cossia - che la gente impari ad accettare che quando un castigo viene interamente espiato bisogna passare oltre, abbandonando l'istinto di aggiungere surplus di punizione non previsto".

MISURE ALTERNATIVE - Infine il giudice ricorda che quanto è più dura e lunga la carcerazione, tanto è più difficile recuperare dopo. Inoltre osserva che il 70 per cento di coloro che hanno scontato la pena interamente senza usufruire dei benefici penitenziari e di un percorso di riabilitazione, una volta liberi, commettono di nuovo reati (le maggiori criticità si registrano tra i tossicodipendenti). "Per chi invece - spiega ancora - usufruisce di misure alternative, la recidiva si attesta attorno al 20 per cento". Dati che fanno dire al giudice quanto sia necessario affrontare in altro modo "la devianza, quasi sempre insita nel disagio sociale poiché la risposta carceraria non è l'unica possibile" in quanto, a suo avviso, la pena non può essere "restituzione della violenza commessa" ma, come ha stabilito la Costituzione, riabilitazione.

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