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Cronaca

Pfas in Veneto: l'Onu boccia le misure adottate dalla Regione

La rete ambientalista berica ha reso noto il rapporto della missione Ohchr nel distretto Agno-Chiampo: carenza «di informazioni» puntuali sui rischi corsi dai residenti per la maxi contaminazione da derivati del fluoro che ha colpito Veronese, Vicentino e Padovano e scarsità di riferimenti alla condizione «degli alimenti» sono finiti in un dossier

Un rapporto Onu del 13 luglio 2022 che indaga gli effetti sulla popolazione del Nordest dei Pfas, i temutissimi derivati del fluoro al centro dell'affaire Miteni, bacchetta pesantemente palazzo Balbi, che viene messo sulla graticola perché i veneti sarebbero stati privati «delle informazioni necessarie» utili a delineare il quadro complessivo soprattutto per quanto riguarda la carenza o la mancanza di «analisi del sangue», nonché di studi di peso in cui si parli anche di «alimenti» che di «salute» in genere. È questo quanto denuncia il collettivo Pfas.land che in una nota diffusa durante la mattinata di oggi, 6 settembre, cita appunto il rapporto delle Nazioni unite, nel quale, sostiene giustappunto Pfas.land, viene spiegato nero su bianco come i veneti, dopo la deflagrazione dello scandalo ambientale nel 2014, non siano stati «seguiti» a dovere dopo i primi controlli sommari, anche in ragione del fatto che è stato negato uno «screening» generalizzato «a tutta la popolazione contaminata», negando de facto «l'accesso alle analisi del sangue che» almeno in parte «possono garantire una prevenzione, specie per le future madri, prima della gravidanza».

La nota del collettivo

Nella laconica nota diffusa da Pfas.land prende posizione direttamente il coordinatore del collettivo, ossia il montecchiano Alberto Peruffo, che ha deciso di allegare alla nota l'intero lavoro realizzato dall'Onu sotto la supervisione ed il coordinamento del professor Marcos Orellana. Il quale non è solo uno dei massimi esperti di diritto ambientale internazionale, ma è anche il delegato Onu per l'Ohchr, ossia l'Alto commissariato per i diritti umani proprio delle Nazioni unite. Come raccontato da Vicenzatoday.it, l'Ohchr nel dicembre del 2021 aveva puntato i suoi riflettori sull'Italia con una missione che aveva interessato in primis l'Ovest vicentino, ovvero il distretto Agno-Chiampo, col Veneto centrale proprio per capire gli effetti dell'affaire Pfas sulla popolazione. Da anni infatti, più segnatamente dal 2013-2014, la trissinese Miteni è al centro di uno scandalo ambientale di portata nazionale.

Gli «sversamenti» nell'ambiente addebitati a quest'ultima, che sarebbero durati anni e anni, avrebbero contaminato in primis acque e suoli ma pure la catena alimentare. Per questo i manager della fabbrica che produceva materiale chimico, oggi fallita, sono finiti a processo. Un processo monstre di cui mercoledì al tribunale di Vicenza si tiene peraltro un'udienza chiave durante la quale è previsto il contro-esame del dottor Manuel Tagliaferri, il maresciallo dei carabinieri del Noe sul cui capo è gravata gran parte del peso delle indagini preliminari coordinate dalla procura di Vicenza.

I passaggi cruciali

Ma quali sono i passaggi cruciali del rapporto Onu-Ohchr? «Le autorità - si legge a pagina 6 in riferimento alla condotta dell'esecutivo regionale, della Regione Veneto nonché degli altri soggetti a quest'ultima riconducibili - non hanno avvertito «i residenti delle aree colpite» e «non hanno diffuso informazioni» in merito all'inquinamento nonché in merito ai rischi per la salute dei residenti rappresentati dalle sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche. Per di più - si legge ancora - le stesse autorità «non hanno richiesto o condotto indagini approfondite sulle aree contaminate».

Sempre a pagina 6 si mette nero su bianco come secondo le testimonianze raccolte dai funzionari della missione italiana «le informazioni sugli alimenti contaminati» in qualche modo in possesso della Regione Veneto «non sono state messe a disposizione delle comunità potenzialmente colpite». Tanto che «sembra che le autorità non abbiano effettuato ulteriori analisi sui prodotti alimentari provenienti dalle aree più inquinate della Regione Veneto dal 2017». Nel novembre 2021 «infatti, la giunta regionale veneta ha respinto una proposta di estensione presso il pubblico di iniziative volte a diffondere una maggiore conoscenza e consapevolezza delle problematiche ambientali legate alle sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche, in particolare con riferimento alla loro diffusione negli alimenti».

L'allert sull'acqua potabile e gli «800 mila» individui «esposti»

E non è finita perché nel rapporto vergato dal team coordinato da Orellana si legge che «gli studi effettuati dalle organizzazioni della società civile nel 2017 hanno continuato a mostrare la presenza di sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche nell'acqua potabile, anche nelle scuole. In forza di tali studi si stima in oltre 800 mila il numero di coloro che sono stati esposti a queste sostanze chimiche» presenti anche «nell'acqua potabile». Il riferimento in questo caso riguarda in larga parte la contaminazione patita dai veneti prima che i gestori del ciclo idrico integrato intervenissero filtrando l'acqua o prevedendo approvvigionamenti alternativi, fermo restando il fatto che le sostanze contaminanti accumulate nel corpo hanno un tempo di dimezzamento assai lungo.

La concia nel mirino

Ad ogni modo non c'è solo la Miteni a finire sotto i riflettori del relatore speciale dell'Onu-Ohchr. Anche il settore conciario, seppur in misura minore rispetto alla Miteni, viene passato ai raggi X per quanto riguarda l'utilizzo di Pfas in relazione alla incidenza ambientale di questi ultimi. «L'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche non è limitato alle attività dello stabilimento di Miteni. Risulta anche dalle operazioni di piccole e medie imprese all'interno e all'esterno della regione che utilizzano queste sostanze nei loro processi di produzione e le scaricano in acque contaminate, comprese le industrie tessili e della pelle».

Lo scenario, il plauso al Noe e gli altri dossier del Belpaese

Come si evince dalle numerose note a piè di pagina nella stesura del rapporto i funzionari Onu hanno tenuto in grandissima considerazione l'opera del Comitato di redazione di Pfas.land coordinato da Alberto Peruffo, il quale peraltro era stato invitato a Ginevra alla presentazione del rapporto agli addetti ai lavori. Il documento sarà ufficialmente illustrato tra il 12 settembre e il 7 ottobre nell'ambito della «51esima sessione» dei lavori della assemblea del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite con sede a Ginevra.

Il rapporto peraltro contiene un plauso all'ordinamento italiano che viene lodato dal momento che da tempo si è dotato di un corpo investigativo ad hoc pensato per la prevenzione e la repressione degli illeciti ambientali. È da accogliere con favore, si legge infatti a pagina 3 con un evidente riferimento anche all'indagine sul caso Miteni, che «l'Italia abbia forze di sicurezza specializzate per indagare sui reati ambientali ovvero i Carabinieri per la tutela dell'ambiente e la transizione ecologica». Il rapporto infatti non analizza solo l'affaire Pfas, ma scansiona altri due dossier di rango nazionale se non europeo come il cosiddetto caso della Terra dei fuochi nel Casertano e il caso Ilva a Taranto.

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