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I pesci del Garda a rischio per i cambiamenti del clima? Prende il via lo studio

I ricercatori dell'Università Ca' Foscari Venezia approfondiranno questa e altre questioni in una ricerca che impegnerà per i prossimi quattro anni ben 21 istituzioni, per provare a suggerire strategie di adattamento alle attività legate alle risorse ittiche

La sopravvivenza di pesci che oggi popolano il lago di Garda è a rischio a causa dei cambiamenti climatici? Le imprese dell’acquacoltura costiera e lagunare rischiano di subire danni? E le attività di pesca in mare? I ricercatori dell’Università Ca’ Foscari Venezia vogliono approfondire queste questioni con l’obiettivo di suggerire strategie di adattamento che permettano alle attività economiche legate alle risorse ittiche lacustri e marine di rispondere in maniera efficace ai cambiamenti del clima. Tutelare gli ecosistemi acquatici e mantenere i beni che essi producono (con il relativo indotto economico) è l’obiettivo finale di un nuovo progetto di ricerca internazionale.

Il Garda e l’Alto Adriatico sono, infatti, due tra i sedici casi di studio che saranno analizzati nel corso di una ricerca che impegnerà per i prossimi quattro anni ben 21 istituzioni (tra università, centri di ricerca ed organismi sovranazionali) da 21 paesi, tra cui l’Università Ca’ Foscari Venezia. Il progetto è ClimeFish, acronimo per “Co-creating a Decision Support Framework to ensure sustainable fish production in Europe under climate change“, finanziato con oltre 5 milioni di euro nell’ambito del programma europeo Horizon 2020, attraverso una misura dedicata espressamente alla previsione degli effetti dei cambiamenti climatici su pesca e acquacoltura.

“L’alto Adriatico, in relazione alle peculiari condizioni geografico-climatiche, rappresenta un interessante caso di studio per l’analisi degli effetti dei cambiamenti climatici sull’ecosistema marino – spiega Fabio Pranovi, professore di Ecologia al Dipartimento di Science ambientali, Informatica e Statistica - Esso, infatti, è caratterizzato dalla presenza di specie ad affinità termica fredda, più vulnerabili all’aumento delle temperature, ed ospita anche alcuni ‘relitti glaciali’, cioè specie giunte durante le ultime glaciazioni, sopravvissute solo in alcune aree limitate e non presenti in altre aree del Mediterraneo. Gli effetti del riscaldamento delle acque sono quindi attesi produrre notevoli modificazioni delle comunità nectoniche, organismi sul cui sfruttamento si basa sia l’attività di pesca che l’acquacoltura. D’altro canto, il lago di Garda ospita anch’esso una specie, il coregone, tipica di ambienti a clima più freddo e soggetta a pesca commerciale. Sarà quindi estremamente interessante comparare la situazione italiana con quella d laghi più settentrionali quali quelli del centro Europa o addirittura scandinavi”.

L’attività di pesca in Italia ha prodotto, nel 2012, circa 900 milioni di euro di fatturato, dando occupazione a più di 28.000 addetti. L’acquacoltura, invece, ha contribuito per circa l’11% dell’intera produzione europea, vedendo l’Italia al quarto posto, dopo Spagna, Francia e Regno Unito.

La sfida coinvolge studiosi di diverse discipline, dall’ecologia all’economia, che metteranno assieme tutti i dati a disposizione sulla pesca e l’acquacoltura in mare ed in acqua dolce, sviluppando modelli in grado di stimare quali potrebbero essere gli impatti futuri dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi. Alla luce di questi scenari, gli scienziati saranno poi in grado mettere a disposizione delle istituzioni demandate alla gestione delle risorse naturali e delle imprese coinvolte nel loro sfruttamento, utili strumenti per prendere delle decisioni in modo lungimirante, sostenibile ed efficace.

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