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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Pastrengo / Via Papa Luciani

Delitto di Pastrengo. Perantoni ucciso per 3000 euro di cocaina: i risultati delle indagini

Dopo tre mesi di attività investigativa, i carabinieri del Reparto operativo di Verona hanno individuato in un 43enne di Lazise l'omicida del pregiudicato trovato morto in casa sua il 15 settembre 2015

Un debito di droga sarebbe alla base dell'omicidio di Romano Perantoni, trovato assassinato nella sua abitazione di via Papa Luciani in località Tacconi, nel comune di Pastrengo, il 15 settembre 2015. I carabinieri del Reparto operativo di Verona hanno reso noti i dettagli dell'indagine che ha portato all'arresto di Fabio Terracciano, 43enne fabbro di Lazise, indicato come unico responsabile del delitto del pregiudicato 60enne. 
Secondo l'esame autoptico che ne ha stabilito il giorno della morte, Perantoni è stato ucciso sabato 12 settembre: quel giorno dal suo cellulare sono partite regolarmente telefonate e messaggi, i tabulati quindi collocano la morte dell'uomo nella fascia oraria serale. La vittima, stando ai riscontri, quella sera venne tramortita con un colpo alla nuca e poi sgozzata verosimilmente con un'arma in ferro, che però non è mai stata trovata: per gli inquirenti sarebbe stato lo stesso omicida a liberarsene e non è escluso che lo stesso oggetto possa essere entrato con lui nel residence di Pastrengo. 

LE INDAGINI - I carabinieri, coordinati dal pm Nicola Scalabrini, hanno quindi dato il via all'attività investigativa, resa ancor più complicata dalle abitudini della vittima. Il 60enne infatti da tempo "navigava nel torbido", come affermato dal pubblico ministero: in passato il suo nome era legato al traffico di sostanze stupefacenti, mondo dal quale non sarebbe mai uscito del tutto. Perantoni, raccontano gli inquirenti, era una persona molto prudente: evitava di farsi vedere in giro con altri soggetti pregiudicati (anche perché era ancora sottoposto all'obbligo di firma in caserma), difficilmente si lasciava andare a commenti sul giro di droga e permetteva a poche fidate persone di entrare in casa sua. I carabinieri quindi hanno dato il via alle indagini ascoltando decine di testimoni tra i quali vicini, amici e parenti, che hanno permesso loro di restringere il campo dei sospettati ad un ventaglio di persone. 
Tra queste è spiccato Terrecciano: ascoltato una prima volta come persona informata sui fatti, avrebbe fornito un alibi smontato poi dalle testimonianze, che lo indicavano inoltre come uno degli acquirenti di Perantoni. Inserito quindi tra i sospettati, è stato tenuto d'occhio come altri dalle forze dell'ordine, che hanno ravvisato appunto alcune incongruenze nel suo racconto: in un primo momento infatti l'uomo avrebbe negato di essersi presentato nella casa di via Papa Luciani, per poi invece modificare la propria versione dicendo di esserci stato tre volte, di cui l'ultima nella fascia serale, senza però mai entrare perché il 60enne non gli avrebbe aperto. Un falso racconto, il primo, smascherato anche grazie alle intercettazioni degli inevstigatori, che lo avrebbero sorpreso ripetere da solo in auto "Sanno tutto", "A Pastrengo l'ho fatta grossa", e, riferendosi ad una terza persona che a suo dire l'avrebbe incastrato (cosa peraltro errata), "Sistemo anche te": questo dopo aver appreso di essere finito nel registro degli indagati al termine del secondo interrogatorio. 
A collocarlo sulla scena del delitto inoltre ci ha pensato il suo stesso cellulare: le celle che permettono agli apparecchi telefonici di funzionare avrebbero registrato la sua presenza nella zona e in un'intercettazione avrebbe anche minacciato la vittima. 
La ricostruzione effettuata dagli inquirenti quindi sostiene che Terracciani si sarebbe fatto aprire la terza volta dalla vittima, sostenendo di essersi fatto prestare i soldi necessari a saldare i 3000 euro di debito (somma confermata anche da alcuni testimoni). Il denaro però non sarebbe mai stato in suo possesso (nonostante l'accusato sostenga il contrario) e poco dopo sarebbe stato consumato il delitto. 

CONCLUSIONE - Nonostante quindi l'assenza dell'arma, il 43enne viene indicato come il probabile omicida. Per i carabinieri infatti si trovava sul luogo del delitto, aveva movente e possibilità, oltre al fatto che per tutta la durata delle indagini ha cercato di sviare l'operato degli investigatori. Prelevato quindi alle 3 di giovedì mattina, ha visto il giudice convalidare il suo arresto con l'accusa di omicidio volontario con l'aggravante per futili e abbietti motivi. Terracciani inoltre in passato aveva già avuto problemi con la giustizia per minacce e violenza. 
Esclusa l'ipotesi che potesse avere un complice. 

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