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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Cologna Veneta

Coniugi uccisi, il figlio confessa: comprata illegalmente nel Veronese l'arma del delitto

L'omicidio si è consumato nella mattinata di martedì a Chiampo, in provincia di Vicenza. Alla base del reato ci sarebbe stata la volontà del 25enne di mettere le mani su una consistente somma di denaro

Sarebbe stata acquistata illegalmente in provincia di Verona l'arma che ha ucciso Sergio Gugole e Lorena Zanin, di 62 e 59 anni, a Chiampo, in provincia di Vicenza. Delitto per il quale è stato fermato il figlio 25enne della coppia, Diego Gugole, che avrebbe confessato. 

L'omicidio è stato commesso nella mattinata di martedì, nell'abitazione di via Villaggio Marmi dove i genitori vivevano insieme al ragazzo. Come spiegano i colleghi di VicenzaToday, i due coniugi sarebbero stati uccisi a colpi di pistola e intorno alle 22.30 il 25enne si sarebbe presentato spontaneamente ai carabinieri di Vicenza, chiedendo di parlare con i militari e confessando poi il delitto. 
Il giovane avrebbe riferito che l'assassinio sarebbe stato meditato da circa un mese col fine di impossessarsi di una consistente somma di denaro, circa 800 mila euro investiti dai genitori anche in titoli, con cui intendeva acquistare un immobile in Arzignano, per il quale aveva già versato una caparra.
L'arma, un pistola semiautomatica di fabbricazione polacca, calibro nove millimetri, sarebbe stata acquistata dal giovane a Cologna Veneta da un cittadino marocchino intorno alle 10.30 di martedì, al prezzo di 3800 euro. 

Prima avrebbe sparato alla testa del padre mentre era seduto al tavolo della cucina e, una volta rientrata, è toccato alla madre. A quel punto avrebbe fatto un bonifico di 16 mila euro dal conto corrente del 62enne al suo e nel pomeriggio avrebbe consegnato un ulteriore acconto all'impresa edile, prima di fermarsi a comprare sacchi in tela, vernice e pennelli da utilizzare per occultare i cadaveri e le tracce di sangue. I corpi sarebbero stati nascosti al piano terra della palazzina dove Sergio e Lorena abitavano e disabitato da anni dopo la morte dei nonni. In serata un'amica della madre lo ha chiamato sul cellullare dicendosi preoccupata perché la coppia non rispondeva al telefono e non si era presentata all'appuntamento con lei, poi la decisione di recarsi dai carabinieri. 
Il ragazzo ha confessato che non lavorava da più di un anno e, su insistenza dei genitori, aveva intrapreso dei colloqui trattamentali con una specialista psicologa.

Un caso che sotto certi aspetti ricorda quello che sconvolse la provincia di Verona nel 1991: anche in quell'occasione si trattò di un parricidio dettato dalla volontà di allungare le mani sul patrimonio dei genitori, che vide condannato Pietro Maso e tre suoi amici. 

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