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Cronaca Valeggio sul Mincio / Località Gardoni

Uccisa e fatta a pezzi dal compagno: in manette il fratello dell'assassino

I carabinieri hanno rintracciato a Milano e tratto in arresto Vezir Ajdinaj, fratello di Agim: l'uomo è accusato di aver partecipato attivamente alla distruzione del cadavere di Khadija Bencheikh, trovato il 30 dicembre a Valeggio

Una seconda persona è stata tratta in arresto in queste ore, in seguito alle indagini sull'omicidio di Khadija Bencheikh, la donna di 46 anni il cui corpo è stato fatto a pezzi e trovato in località Gardoni, a Valeggio sul Mincio, il 30 dicembre scorso. Si tratta di uno dei due fratelli dell'omicida, Vezir Ajdinaj, albanese classe 1964, residente a Milano, che si dovrà difendere dall'accusa di distruzione di cadavere, mentre l'altro fratello, A.A., classe 1969, risulta essere indagato a piede libero per occultamento insieme al nipote. 

Fin dal primo momento le indagini condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Verona e della Compagnia di Peschiera del Garda, hanno portato gli investigatori a pensare che Agim Ajdinai non potesse aver agito da solo: le modalità e l'efferatezza con cui il corpo della vittima era stato smembrato, e le condizioni di salute dell'omicida (affetto dal morbo di Parkinson), indicavano che probabilmente qualcuno lo aveva aiutato in quel tragico 29 dicembre. Lo stesso Agim inoltre, nella confessione resa l'8 gennaio, aveva ammesso di aver ricevuto una mano da Vezir per liberarsi del corpo.
Hanno preso il via così una serie di accertamenti da parte dei militari, come la consultazione delle celle telefoniche e la visione dei filmati del palazzo, che hanno portato all'acquisizione di ulteriori elementi ai danni del fratello. Vezir infatti risulta essere residente a Milano, ma le indagini avrebbero stablito che quel giorno si sarebbe diretto a Verona utilizzando mezzi pubblici, dove avrebbe partecipato attivamente alla dissezione del cadavere e non solo al trasporto. 
Concordando con la ricostruzione dei fatti esguita dai carabinieri, la procura ha quindi chiesto al tribunale l'emissione di un'ordine di carcerazione a carico dell'uomo, avvenuta il 21 febbraio 2018. 

È partita quindi la ricerca di Vezir, che non risultava più abitare nella stessa casa di qualche settimana fa. Le indagini e i pedinamenti dei parenti però, hanno portato gli uomini dell'Arma ad una palazzina di via Arquà, a Milano: il nome del ricercato non figurava nè sull'intestazione dell'appartamento, nè su quella delle utenze, ma l'attività aveva comunque permesso agli investigatori di individuare l'abitazione situata al terzo piano. 
Dopo aver tenuta monitorata la situazione a partire dalla mattina del 26 febbraio, gli uomini dell'Arma sono entrati in azione in tarda serata, una volta avuta la certezza della presenza dell'uomo: in casa erano presenti la moglie (risultata estranea ai fatti) e i due figli piccoli, oltre allo stesso Vezir, che è stato tratto in arresto. 

Incensurato, l'albanese si trova ora nel carcere di San Vittore, mentre l'altro fratello (che risulta essere residente a Verona) e il nipote dell'omicida sono indagati. 

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