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'Ndrangheta nel Veronese: sequestrati beni per 2,8 milioni tra Villafranca e Nogarole Rocca

La Guardia di Finanza ha dato il via alle operazioni nella mattinata di martedì, nei confronti un imprenditore originario di Reggio Calabria ma residente in provincia, che nel 2014 è stato destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa

Ha preso il via nella mattinata di martedì il sequestro di un consistente patrimonio immobiliare riconducibile a un imprenditore originario di Reggio Calabria, ma operante e stabilitosi da tempo nella provincia di Verona, che in passato era già stato arrestato per associazione mafiosa. Ad eseguire il provvedimento è la Guardia di Finanza scaligera, nell'ambito di più ampie indagini delegate dalla Procura della Repubblica reggina guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, che ha messo nel mirino i tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata nel circuito legale.
Tra i beni sequestrati sono presenti sedici fabbricati e un terreno ubicati tra i comuni di Nogarole Rocca e Villafranca di Verona, oltre ad un centinaio di automezzi, per un valore complessivo quantificato in più di 2,8 milioni di euro. 

Beni e denaro

I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria sono dunque impegnati nel dare esecuzione a una misura di prevenzione patrimoniale emessa dal Tribunale di Reggio Calabria (Sezione Misure di Prevenzione), su richiesta del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano PACI della Direzione Distrettuale Antimafia reggina, nei riguardi di un imprenditore operante nel settore della logistica, per il quale è stato disposto il sequestro del patrimonio allo stesso riconducibile anche per il tramite dei familiari.
Nello specifico, tra i beni al centro della misura vi sono nove appartamenti, tre garage, due magazzini, due uffici, un terreno e un’autovettura, per un valore di circa 1 milione e 200 mila euro, oltre al 100% delle quote (del valore nominale di 70 mila euro) di una società a responsabilità limitata, con sede legale nella provincia di Reggio Calabria e che si occupa del commercio di veicoli, e l’intero compendio aziendale valutato in oltre 1,6 milioni di euro, del quale fanno parte più di cento mezzi per il trasporto e la movimentazione di merci.
I militari del Comando provinciale di Verona inoltre, stanno altresì sequestrando le somme di denaro depositate su conti correnti bancari intestati al “proposto” e ai suoi stretti congiunti.

Legami con il clan "Pesce"

Alla base della misura, riferiscono le forze dell'ordine, ci sarebbero vicende che si ricollegano a investigazioni economico-patrimoniali svolte dai finanzieri scaligeri sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Calabria nei confronti dell'imprenditore. L'uomo era già gravato da una serie di precedenti di polizia e giudiziari per reati vari, tra cui quello di associazione mafiosa, per il quale nel 2014 è stato destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere (la successiva condanna alla reclusione di 10 anni inflittagli in primo grado e poi confermata in secondo, per decisione dei giudici di legittimità è ora oggetto di un nuovo processo d’appello, tuttora in corso).

Ritenuto affiliato alla cosca "Pesce" di Rosarno, l'uomo è risultato coinvolto nell'operazione "Porto Franco", eseguita nel 2014 dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina nei confronti di tale sodalizio di stampo ndranghetista, operante principalmente nella piana di Gioia Tauro.
Le indagini dell'epoca avrebbero rivelato il ruolo attivo che l'indagato avrebbe svolto nell’ambito di un’insidiosa frode fiscale commessa tramite alcune società cooperative, appositamente costituite per consentire alle aziende di trasporto riconducibili al clan di evadere le imposte e gli oneri previdenziali per decine di migliaia di euro.

In un’altra operazione della Guardia di Finanza inoltre sarebbe stato accertato che le aziende di trasporto allo stesso facenti capo erano solite approvvigionarsi di carburante acquistato in nero e che, in particolare, la cosca "Pesce" partecipava al lucroso affare dell’acquisto di gasolio di contrabbando, per poi utilizzarlo nel rifornimento degli automezzi delle famiglie contigue alle stesse cosche di ‘ndrangheta di Rosarno.

Gli esiti

L’esito dei minuziosi accertamenti patrimoniali compiuti negli scorsi mesi dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Verona è stato presentato Direzione Distrettuale Antimafia calabrese che, accogliendo le proposte delle Fiamme Gialle scaligere, ha richiesto e ottenuto dal tribunale reggino il sequestro del patrimonio riconducibile all'imprenditore. Questo, spiegano sempre le forze dell'ordine, alla luce della reiterazione nel tempo di numerose condotte ritenute indici di elevata “pericolosità sociale” che peraltro, nel 2016 avevano portato la stessa Prefettura di Verona ad emettere una interdittiva antimafia nei confronti della società gestita da uno dei suoi figli.

Ritenendo quindi accertata la connessione temporale tra le varie condotte “antisociali” e l’acquisizione di beni, che i Finanzieri scaligeru hanno ipotizzato essere indicativa di un elevato valore indiziario circa la provenienza illecita di questi, e constatata inoltre la sproporzione di reddito di oltre 500 mila euro manifestata nel periodo oggetto di indagini dall'indagato rispetto al patrimonio nella sua disponibilità, è stato richiesto all'autorità giudiziaria di valutare l’applicazione della più stringente normativa di prevenzione antimafia, così da pervenire in tempi brevi al sequestro, propedeutico alla successiva confisca a favore dello Stato.

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