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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Centro storico / Piazza Bra

Contro il green pass circola un modulo per denunciare chi lo chiede all'ingresso dei locali dove è obbligatorio

Si sta diffondendo in rete un modulo da stampare e compilare per presentare «ai carabinieri» una querela contro chi chiede di esibire la «certificazione vaccinazione Covid» per l'accesso nei locali

Da diverse ore ormai si sta diffondendo sui social e tramite canali Telegram, o semplicemente via Whatsapp, un documento da stampare e compilare per presentare «ai carabinieri» una «denuncia-querela» nei confronti di quei titolari di attività, dai ristoranti e bar alle sale scommesse, cinema o palestre che siano, i quali richiedano agli utenti o clienti all'ingresso dei loro locali, così come previsto dal decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, l'esibizione del cosiddetto green pass. Nel documento in questione in realtà non si parla mai propriamente di "green pass", cosa non di poco conto a ben guardare, bensì si denuncia la richiesta di «esibire la mia certificazione vaccinazione Covid o quanto altro in riferimento alla mia situazione vaccinale». Sottile, ma decisiva differenza. Ad ogni modo, secondo il modulo che viene fatto circolare, la denuncia-querela sarebbe giustificata sulla base del verificarsi dei presunti seguenti reati nei quali incapperebbe un gestore di attività: «Abuso di ufficio», «Sostituzione di persona», «Violenza privata» e pure «Violazione della privacy». 

Sempre secondo quanto si legge in questo modulo che utenti e clienti vengono via social invitati ad utilizzare, si legge tra le motivazioni della denuncia che «il gestore del locale non è preposto ai controlli su indicati in tal senso non avendo il requisito di Pubblico Ufficiale pertanto non è autorizzato a richiedere ne [sic] le mie generalità, ne [sic] i miei dati vaccinali in quanto sono solo richiedibili da l [sic] personale sanitario preposto o da un Pubblico Ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni». Ora, al netto degli errori di grammatica e sintassi, prima di procedere ad un'analisi del contenuto vale forse la pena inaugurare una piccola breve riflessione sulle motivazioni e gli effetti di una simile iniziativa. Comunque la si pensi circa il cosiddetto green pass, ovvero che si sia favorevoli o contrari, appare abbastanza evidente come il proposito di denunciare-querelare un ristoratore o un barista che chieda all'ingresso del locale l'esibizione di un documento d'identità accompagnato al green pass, sia tutto fuorché un modo di aiutare la categoria dei ristoratori, indubbiamente già tra le più colpite nel corso di questa lunga pandemia. 

Analizzando poi il contenuto del documento vi sono alcune cose che non quadrano, anzitutto se ci si sofferma sul fatto che il cosiddetto green pass è una certificazione che può essere ottenuta anche all'esito di un tampone negativo a 48 ore, dunque non implica necessariamente il fatto di rivelare la propria condizione di soggetto vaccinato o meno, così come riduce significativamente l'effetto di discriminazione nei confronti dei non vaccinati per scelta cui si richiamano coloro i quali si appellano al regolamento (UE) 2021/953. Altresì il green pass è ottenibile poi da chiunque abbia contratto il virus e si sia in seguito negativizzato, dunque sia guarito da Covid-19 e, pertanto, anche in questo caso nulla ha a che vedere con quelli che il modulo in questione definisce «i miei dati vaccinali». Ciò premesso, ad autorizzare esplicitamente i titolari delle varie attività coinvolte a richiedere agli utenti/clienti l'esibizione del green pass è appunto il già citato decreto-legge, là dove viene esplicitato che «i titolari o i gestori dei servizi e delle attività di cui al comma 1 sono tenuti a verificare che l'accesso ai predetti servizi e attività avvenga nel rispetto delle prescrizioni». La App VerificaC19, predisposta dal ministero della Salute per controllare la validità dei green pass, è tale in realtà da non rivelare alcun altro dato salvo appunto la validità o meno della certificazione esibita, cui viene chiesto di accompagnare anche un documento di identità per rilevarne la «corrispondenza» con la persona che la esibisce.

Ministero della Salute - Video tutorial Green Pass Covid VerifiC19

Il fatto di chiedere un documento di identità non necessariamente compete per legge ad un Pubblico Ufficiale, tanto è vero che quegli stessi titolari di attività come bar e ristoranti sono tenuti a chiederlo ad esempio a soggetti che protrebbero essere minorenni qualora pretendano di consumare degli alcolici, cosa che risulta invece vietata a un minore. Stessa cosa dicasi per i dipendenti di un hotel o altre strutture ricettive che possono chiedere di esibire documenti di identità ai propri clienti ed anche ricavarne una copia da conservare, così come un semplice commerciante che sia titolare di una tabaccheria può richiedere l'esibizione di un documento di identità a chi voglia acquistare un pacchetto di sigarette essendo, come gli alcolici, vietata la vendita ai minori. Oggi è forse pratica poco diffusa, ma anche andare al cinema per vedere un film vietato ai minori di anni 16 o 18 può implicare il fatto di esibire un documento di identità che certifichi la nostra condizione anagrafica.

Insomma, gli esempi in tal senso sono numerosi e in nessuno di questi od altri casi si tratta di un Pubblico Ufficiale, ma la richiesta di esibire un documento di identità risulta legittima e non comporta né «abuso di ufficio», né «sostituzione di persona», né «violenza privata» e nemmeno «violazione della privacy». Ad aver reso tutto più confuso quest'oggi ci ha però pensato la stessa ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, annunciando una prossima circolare del Viminale di "chiarimento", ma spiegando già a viva voce che, se da un lato toccherà ai gestori delle attività e non alla polizia, salvo «controlli a campione», richiedere ai clienti di esibire il green pass, gli stessi titolari «non potranno chiedere la carta d'identità» in quanto «non sono dei Pubblici Ufficiali». Peccato però che il ministero della Salute avesse già diramato una precedente circolare nella quale veniva esplicitamente chiesto al «verificatore», ovvero anche lo stesso titolare di un'attività, di controllare, dopo aver scansionato il green pass, «che i dati identificativi sull'App corrispondano all'identità della persona che accede».

Ministero della Salute Green Pass Covid

Ministero della Salute - Foto frame dal video tutorial Green Pass Covid VerifiC19

Ministero della Salute - Istruzioni Green Pass Covid App VerifiC19

Ministero della Salute - Istruzioni Green Pass Covid App VerifiC19

In conclusione vanno infine per completezza ricordate le sanzioni che, tanto gli utenti/clienti quanto i gestori dei locali o delle attività coinvolte dall'obbligo del green pass, dallo scorso 6 agosto, rischiano qualora appunto un utente/cliente venga trovato privo della certificazione verde: le multe vanno da 400 a 1.000 euro, mentre per i titolari il rischio in caso di recidivia è anche la sospensione per dieci giorni della stessa attività. Certo, se i controlli da parte della «polizia amministrativa», secondo le parole della ministra dell'Interno, verrano fatti solo ed esclusivamente «a campione», è evidente che altrettanto varrà anche per le relative sanzioni.

In merito a queste ultime, inoltre, va poi notata un'ulteriore "stranezza" possibile che sarebbe bene "chiarire": se il titolare di un ristorante deve soltanto verificare con la App che il cliente abbia il green pass, ma non che tale green pass esibito sia effettivamente il suo e non quello di un amico che glielo ha per così dire "prestato" (sempre nell'ipotesi in cui il titolare non avrebbe diritto di chiedere il documento d'identità e verificare la «corrispondenza»), qualora avvenga che proprio in quel locale capiti uno dei suddetti «controlli a campione» della polizia amministrativa, cosa accade? La sanzione la prenderebbe sicuramente il cliente "furbetto" del green pass che, essendone magari sprovvisto, ha impropriamente utilizzato quello dell'amico, ma il titolare del locale sarebbe a quel punto sanzionabile? Il decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, nel momento in cui una persona sprovvista di green pass acceda in un luogo dove è invece obbligatorio averlo, prevede sanzioni per i clienti/utenti ed anche per i verificatori/gestori delle attività, ma se questi ultimi vengono chiamati in causa quali «verificatori» e poi però si afferma che possono effettuare dei controlli solo a metà, ovvero senza poter richiedere l'esibizione del documento d'identità da parte di chi esibisce il green pass, la domanda è semplice: chi difenderà i verificatori/gestori delle varie attività dai "furbetti" del green pass?

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