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Maxifrode sui carburanti: sequestri milionari e 12 arresti. Indagini anche a Verona

Uno dei depositi commerciali dell'organizzazione sgominata dalla guardia di finanza di pisa, si troverebbe nella provincia scaligera

Con 12 ordinanze di custodia cautelare (in carcere e ai domiciliari), 8 misure coercitive obbligatorie, di cui 7 obblighi di dimora e 1 obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, oltre al sequestro di 3 società, 20 conti correnti e 103 tra auto, rimorchi, cisterne adibite al trasporto di carburanti, autovetture e motoveicoli, per un valore complessivo di circa 14 milioni di euro, si è conclusa l'operazione "Petroloro" condotta dalla Guardia di Finanza e dalla Agenzia delle Dogane di Pisa, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica. Un'attività che ha consentito di sgominare una associazione a delinquere dedita al traffico di prodotti energetici per autotrazione, immessi sul mercato in evasione di accisa, all’autoriciclaggio dei relativi proventi illeciti, alla contraffazione di pubblici sigilli e alla falsità in atti pubblici.

Le indagini, partite nel gennaio 2019 dopo il controllo di un autotrasportatore nei pressi di Crespina Lorenzana, hanno permesso di accertare che il prodotto petrolifero destinato ad autotrazione era stato ottenuto attraverso la miscelazione di olii e sostanze di varia natura con gasolio e benzina, al fine di nasconderne la presenza ed al contempo aumentare significativamente il volume del prodotto da immettere sul mercato. Le forze dell'ordine avrebbero appurato che le operazioni di miscelazione prevedevano l’impiego di olio fino al 50% del quantitativo di ogni singolo carico.

Il prodotto così ottenuto, definito “olio” dai componenti dell'organizzazione proprio a causa dell’alta percentuale dei prodotti da “taglio”, era stato stoccato, a cura dei vari trasportatori coinvolti, dapprima in un deposito commerciale situato nel pisano (sempre nella zona di Crespina) e, successivamente, in altri impianti simili dislocati nelle province di Verona e Mantova. Tra l’altro, l’organizzazione ha gestito il deposito pisano per le proprie attività  illecite anche dopo la dichiarazione di fallimento della società titolare della relativa licenza fiscale: condotta per la quale gli affiliati sono stati accusati anche di bancarotta fraudolenta. 

L’introduzione nei depositi riconducibili all’associazione, sarebbe avvenuta in assenza di documentazione giustificativa, ovvero con la scorta di documenti (i cosiddetti DAS) falsi, sui quali sarebbe stato apposto anche il timbro dell’Ufficio delle Dogane abilmente falsificato.
Per la commercializzazione del carburante contraffatto, sarebbero state utilizzate diverse società risultate essere semplici “cartiere”, aventi il solo scopo di consentire all’organizzazione di emettere fattura ai clienti ed incassare i pagamenti. I proventi dell’illecita attività sarebbero stati reimpiegati nel traffico di prodotti energetici di “contrabbando”, per cui agli associati è stato contestato anche il reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.). 

La lunga attività investigativa delle Fiamme Gialle, avrebbe permesso loro di individuare tutti i componenti dell'associazione a delinquere: dal vertice ai contabili, dai responsabili in loco dei vari depositi ai numerosi trasportatori, dai molteplici prestanomi delle società ai compilatori dei documenti falsi.

Sarebbe emerso inoltre che uno dei principali clienti dell’organizzazione avrebbe immesso in commercio il prodotto, consapevole dell'evasione dell’accisa e della sua reale natura. L'individuo è stato, pertanto, indagato a sua volta per impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e nei confronti della società, nell’interesse e a vantaggio della quale è stato commesso l’illecito, è stata applicata la normativa sulla responsabilità amministrativa da reato. Allo stato attuale delle indagini l’accisa evasa è pari a circa 6.500.000 euro, mentre il totale di prodotto fraudolentemente sottratto all’accisa ammonta a 9.704.956,71 litri.

Al danno erariale si deve aggiungere l’ulteriore mancato introito per le casse dello Stato dovuto alla mancata corresponsione dell’IVA, nonché il pericolo potenziale per l’ambiente ed i mezzi di trasporto derivante dall’immissione in commercio di prodotti energetici non a norma, che ignari consumatori hanno acquistato presso distributori di carburanti presenti sul territorio nazionale. L’attività illecita, considerato il volume di prodotto illegalmente commercializzato, ha causato anche un’inevitabile distorsione del mercato, penalizzando operatori onesti già provati dalla grave crisi che ha colpito il settore.

Anzi, la guardia di finanza avrebbe accertato che l’associazione a delinquere, all’indomani dell’emergenza nazionale legata all’epidemia di Covid-19, ha incrementato sensibilmente i traffici illeciti di prodotti da destinare ad autotrazione, sfruttando i prezzi concorrenziali del prodotto commercializzato e la libera circolazione dei beni di prima necessità, tra i quali rientrano anche i carburanti.

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