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Cronaca Borgo Trento / Piazzale Aristide Stefani

Caso citrobacter, secondo i periti alcune infezioni sarebbero state evitabili

Dopo un anno di lavoro, la maxi-perizia richiesta dalla Procura di Verona è stato completata. E le prime indiscrezioni gettano ombre sull'Aoui, che replica: «L'elaborato merita un'attenta lettura e la sua valutazione deve essere lasciata agli organi competenti»

Probabilmente non tutti si sarebbero potuti salvare, ma alcuni sì. Nell'Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento, alcune infezioni da citrobacter si sarebbero potute evitare. Ed ora la Procura di Verona ha in mano una perizia in grado di dimostrarlo. Ci è voluto un anno per averla, ma finalmente è arrivata.

Erano infatti i primi giorni del dicembre 2021 quando la pubblico ministero Diletta Schiaffino formò un gruppo di quattro professionisti e diede loro un incarico: analizzare l'intera vicenda del cosiddetto caso citrobacter.
Il citrobacter koseri è un batterio che dal 2018 al 2020 infettò circa 100 neonati nell'Ospedale della Donna e del Bambino di Verona. La maggior parte dei bambini infettati non ebbero gravi conseguenze, ma quattro di loro morirono a causa del citrobacter ed altri subirono delle lezioni permanenti. Per questo, la Procura scaligera aprì un'inchiesta ipotizzando i reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime in ambito sanitario. Di questi reati sono stati accusati a vario titolo sette tra medici e manager dell'Aoui (Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona). Ma la natura dell'indagine sembrò subito molto complessa e tecnica e per questo la pm Schiaffino chiese la redazione di una maxi-perizia ad una squadra formata da un medico di medicina legale, un neonatologo, un microbiologo e da un direttore sanitario. Questa perizia doveva essere pronta per lo scorso mese di maggio, ma non fu possibile completarla entro i termini. Furono quindi accordati dei rinvii, arrivando così a questo mese di dicembre, quando il risultato di un anno di lavoro è stato consegnato.

La perizia è composta da centinaia di pagine ed è molto lunga e articolata. Però, i periti hanno suddiviso il caso citrobacter in tre fasi. Nella prima ci furono anche delle infezioni gravi, ma i casi sarebbero stati limitati e non avrebbero avuto una regolarità. Non sarebbe stata dunque sospettabile la presenza di un focolaio di citrobacter. Focolaio che invece sarebbe stato individuato nella seconda fase descritta dai periti. E di fronte al quale l'Aoui avrebbe adottato delle misure di contenimento. Misure che risultarono anche efficaci ma che sarebbero stati sospese in quella che i periti hanno definito la terza fase. È la fase iniziale della pandemia da coronavirus, da febbraio a maggio 2020. In quel periodo le misure di contenimento per il citrobacter sarebbero sospese e purtroppo si verificarono delle infezioni che portarono alla morte di un neonato e a delle lesioni permanenti in un altro bimbo. Ci sarebbero stati dunque almeno due casi gravi potenzialmente evitabili se solo l'Aoui avesse mantenuto alta la guardia.

E dopo aver letto queste prime indiscrezioni trapelate dalla perizia da pochi giorni consegnata in Procura, l'azienda ospedaliera ha così replicato: «Ovviamente, le responsabilità, ove sussistenti, andranno verificate nelle sedi opportune. Si ritiene comunque di evidenziare che l'elaborato, di cui per evidenti ragioni procedurali l'azienda non è in possesso, meriti un'attenta lettura da svolgersi con la necessaria cautela richiesta dalla delicatezza ed dall'importanza dei temi trattati. Per il rispetto dovuto al dolore delle persone coinvolte, si ritiene che la valutazione della complessa fattispecie debba essere lasciata agli organi competenti. Ciò anche a tutela di Aoui di Verona e di coloro che operano quotidianamente al suo interno con dedizione».

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