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Cronaca Soave

Contraffazione e ricettazione: 43mila mascherine sequestrate ad un'azienda dell'Est Veronese

L'operazione è stata svolta dalla Guardia di finanza di Soave nella giornata di lunedì: gli articoli non sarebbero conformi alle prescrizioni di legge e venivano messi in vendita tramite piattaforme online

Va avanti la lotta alla contraffazione e alla commercializzazione di prodotti recanti false indicazioni di origine del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Verona, a tutela del mercato dei beni e servizi e del “made in Italy”. 
Nella giornata di lunedì 29 marzo, sono stati i finanzieri della Compagnia di Soave ad ispezionare un’impresa italiana con sede nell’est veronese, che tramite piattaforme online vendeva mascherine e altri dispositivi di protezione individuale, oltre ad altri prodotti legati all'emergenza Covid-19 come gel sanificanti, prodotti igienizzanti, tute, occhiali di protezione dal contagio e non solo. 

La società, rappresentata da un individui italiano di origini rumene, era finita sotto la lente d'ingrandimento delle Fiamme Gialle dopo essere emersa nel corso di specifiche analisi di rischio operate, anche attraverso il monitoraggio del web, dall'apposita componente del corpo militare: secondo le forze dell'ordine, nel catalogo di prodotti pubblicato in rete figuravano infatti mascherine FFP2 che presentavano incongruenze e anomalie, riferite alle certificazioni esposte e alle indicazioni fornite ai consumatori.

È scattatato così il controllo che avrebbe permesso alla Guardia di finanza di appurare che la che la società avrebbe illecitamente commercializzato online mascherine attribuendo loro la falsa classe di protezione FFP2 e FFP3, e riportando inoltre sui documenti di vendita destinati ai clienti, indicazioni ingannevoli e fuorvianti relativamente a certificazione ed efficacia filtrante.

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Circa 43 mila mascherine, per la maggior parte appunto di tipo FFP2 e FFP3, sono state dunque sequestrate in quanto ritenute prive dei requisiti richiesti per l’immissione sul mercato. I dispositivi, messi in vendita su internet, sarebbero stati importati principalmente dalla Repubblica Popolare Cinese e dalla Romania, e non offrirebbero le previste garanzie di protezione e sicurezza da virus e batteri, in quanto privi di ogni forma di reale certificazione.

I militari hanno inoltre accertato che le confezioni di tali prodotti non riportavano le prescritte indicazioni in lingua italiana, previste dal Codice del Consumo, e non rispettavano le disposizioni stabilite dal Regolamento Europeo n. 425 del 9 marzo 2016. Infine, su un centinaio di imballi contenenti DPI era riportata l’indicazione “made in Italy”, che è stata dunque ritenuta falsa.

Le migliaia di articoli non conformi alle prescrizioni di legge e già pronti per essere posti in commercio, avrebbero fruttato circa 35 mila euro. Tutti i prodotti sono stati sottoposti a sequestro e il legale rappresentante, nei cui confronti sono state elevate sanzioni amministrative (con importi fino a 60 mila euro) per le violazioni previste dal “codice del consumo”, è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Verona per violazione degli articoli 517 (vendita di prodotti con segni mendaci) e 648 (ricettazione) del codice penale in quanto, per gran parte della merce, non è stato in grado di fornire spiegazioni sulla provenienza e sulla data di produzione, né tantomeno di esibire la documentazione fiscale che ne attestava l'acquisto.

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