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Il prefetto di Verona Giovanni Cafagna firma la sua prima interdittiva antimafia

Secondo la prefettura sarebbe emerso, nell'ambito di attività economiche, «un quadro idoneo ad esprimere un giudizio di permeabilità all’infiltrazione della criminalità organizzata»

Il prefetto di Verona Donato Giovanni Cafagna ha emesso nei giorni scorsi un provvedimento di interdittiva antimafia nei confronti di G. D., originario di Bolzano e residente a Castagnaro, nel quadro di una procedura attivata dal Comune di Fratta Polesine (Ro) attraverso la "Banca Dati Nazionale Antimafia" ai fini del rilascio di un'autorizzazione amministrativa. Dalle indagini e dagli accertamenti condotti e in sede di esame da parte del "Gruppo Interforze Antimafia" è emerso che il soggetto in questione fosse inserito a pieno titolo, con ruoli di fiduciario, stretto collaboratore e gestore, in diverse attività economiche imputate direttamente o indirettamente a P. F. e a suoi prestanome. Quest'ultimo risultava già sorvegliato speciale e indagato per contiguità alla famiglia Mancuso di Limbadi di matrice ‘ndranghetista, oltre che in stretti rapporti con la ’ndrina alleata dei Piromalli-Molè, egemone nella Piana di Gioia Tauro, e con la consorteria ‘ndranghetista "La Rosa", attiva nel  Comune di Tropea.

In particolare la posizione del G. D. è venuta in luce nell’ambito dei procedimenti che hanno portato all’adozione di precedenti misure di prevenzione antimafia nei confronti di società e attività economiche, riferite a P. F., nel settore turistico alberghiero. G. D. è risultato inserito in vari contesti con funzione meramente strumentale ed a fini elusivi della normativa antimafia. In varie occasioni controllato in compagnia dei Piserà, padre e figlio, il G. D., di volta in volta, dipendente, autista, collaboratore, addetto agli acquisti, in relazione ad attività economiche nel Bresciano, in territorio veronese ed in Toscana, nonché amministratore-proprietario in alcune società ora non più attive.

Gli elementi raccolti, secondo la prefettura veronese, integrano «un quadro idoneo ad esprimere un giudizio di permeabilità all’infiltrazione della criminalità organizzata». In particolare, nel caso specifico, è stata applicata la disposizione del codice antimafia secondo cui il prefetto, pur in presenza di una istanza di "comunicazione antimafia", quando in esito alle verifiche non emergano le cause direttamente ostative ai sensi dell’art. 67 del codice antimafia, ma venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, adotta comunque una "informazione" antimafia interdittiva, che tiene luogo della "comunicazione" antimafia richiesta.

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