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Mercoledì, 24 Aprile 2024

Fallimenti, evasione e frodi fiscali: due indagati e sequestri per 8,7 milioni di euro

Al centro dell'operazione "Mulini fantasma" della guardia di finanza di Verona, una società della provincia operante nel settore della commercializzazione all’ingrosso di rottami ferrosi, fallita nell’ottobre del 2019

È la guardia di finanza di Verona a dare esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di oltre 8,7 milioni di euro, in conclusione ad un'operazione di contrasto all’evasione, alle frodi fiscali e ai reati fallimentari
Disposto dal gip del tribunale scaligero su richiesta della Procura della Repubblica, il provvedimento riguarda una società della provincia operante nel settore della commercializzazione all’ingrosso di rottami ferrosi, fallita nell’ottobre del 2019 e sospettata di aver commesso una plurimilionaria evasione fiscale, attraverso l’uso di fatture per operazioni inesistenti per oltre 11 milioni di euro.
Per tal motivo dunque, i finanzieri scaligeri stanno procedendo ad assicurare allo Stato le corrispondenti liquidità bancarie e altri beni riconducibili a due persone.

Le fiamme gialle specificano che si tratta dell’amministratore pro-tempore della suddetta società veronese, un 61enne bresciano indagato per l’ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, a cui stanno sequestrando beni per un controvalore di oltre 5,7 milioni di euro. L'altro è un 39enne di nazionalità rumena indagato, in concorso con il primo, per i medesimi fatti di bancarotta, oltreché per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio: a quest’ultimo i militari stanno sequestrando beni per quasi 3 milioni di euro.

Un provvedimento che arriva al termine di una verifica fiscale e di apposite indagini svolte dal Nucleo di polizia economico finanziaria di Verona, le quali avrebbero permesso di accertare, grazie anche alla collaborazione delle autorità croate e ungheresi, che i due indagati avrebbero "distratto" la somma complessiva di circa 3 milioni di euro ottenuta dalla suddetta società mediante un finanziamento erogato dal Mediocredito, garantito dallo Stato attraverso il Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese. Questo sarebbe avvenuto simulando il pagamento di false fatture emesse per la vendita, mai avvenuta, di macchinari da parte di una ditta croata riconducibile al più giovane dei due, che l'avrebbe utilizzata anche per la fittizia cessione di rottami ferrosi.
I macchinari (veri e propri mulini meccanici, da cui il nome dell’operazione "Mulini fantasma"), esistenti solo sulla carta, dovevano servire per la lavorazione dei rottami ferrosi, trasformandoli da materiale di scarto a semilavorato oppure permettendo il loro smaltimento in maniera più efficiente.

I finanzieri avrebbero anche accertato che la pratica di finanziamento era stata predisposta utilizzando un falso piano industriale, architettato ad hoc per dare credibilità all’operazione e per rassicurare gli enti creditizi sul corretto impiego della somma, che, in realtà, non sarebbe mai stata restituita, ma trasferita immediatamente su un conto corrente ungherese riconducibile al 39enne.
Quest’ultimo, indagato del reato di autoriciclaggio, avrebbe poi messo in atto un’imponente azione di riciclaggio di portata internazionale, attraverso apposite movimentazioni finanziarie (disposte dal precitato rapporto bancario, su cui nel frattempo sarebbero confluiti anche altri pagamenti a fronte dell’acquisto fittizio di rottami ferrosi) a favore di società aventi sede in Cina, Hong Kong e Serbia, per un ammontare complessivo di oltre 6 milioni di euro.

Nel corso degli accertamenti le fiamme gialle avrebbero anche smascherato la compravendita simulata, per un ammontare complessivo di oltre 4,3 milioni di euro, di un complesso immobiliare da una società abruzzese presso cui dovevano essere collocati i macchinari falsamente acquistati, realizzata attraverso la cessione di quote sociali di una start-up operante nel settore delle energie rinnovabili (di proprietà della società fallita e priva di alcuna consistenza economico-patrimoniale).

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