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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Centro storico / Piazza Bra

Ictu oculi, ovvero quando l'autodichiarazione in zona rossa può non essere necessaria

Zona rossa, spostamenti e divieti: quando può non servire il modulo dell'autodichiarazione?

Come noto da lunedì 15 marzo è in vigore in Veneto e a Verona l'apparato di norme previsto dal Dpcm 2 marzo 2021 per la zona rossa. Si tratta dell'area di rischio dove è prevista la più severa serie di disposizioni e, in particolare, con riferimento alla mobilità delle persone fisiche ci si trova dinanzi alle limitazioni più stringenti. Di fatto, ogni volta che si mette piede fuori di casa è necessario avere un "motivo" valido tra quelli previsti dalla normativa, dunque le celebri comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. In qualunque occasione si dovesse essere fermati per un controllo è poi necessario fornire agli operatori il "documento" che comprovi la reale sussistenza di tali motivazioni, cioè l'altrettanto celebre modulo dell'autodichiarazione. Il governo nelle Faq ufficiali per la zona rossa infatti scrive:

«Si deve essere sempre in grado di dimostrare che lo spostamento rientra tra quelli consentiti, anche mediante autodichiarazione che potrà essere resa su moduli prestampati già in dotazione alle forze di polizia statali e alle polizie locali».

Scarica il modello autodichiarazione spostamenti 2021

Circa quanto dovesse essere autodichiarato nel modulo, naturalmente, potranno poi essere svolti degli ulteriori accertamenti da parte degli stessi operatori che hanno effettuato un controllo, proprio per accertarne la congruenza o meno. Così spiega il governo sempre nelle Faq:

«La veridicità delle autodichiarazioni sarà oggetto di controlli successivi e l’accertata falsità di quanto dichiarato costituisce reato».

Si potrebbe dunque concludere che, di fatto, in zona rossa essendo la mobilità soggetta a restrizioni a livello già intracomunale, cioè all'interno anche del proprio Comune, il modulo dell'autocertificazione si riveli indispensabile in qualsiasi circostanza e a qualunque orario ci si trovi fuori di casa. In realtà ciò è vero, ma vi è almeno un'occasione in cui può risultare non necessario per le forze dell'ordine richiedere a una persona di compilare l'autocertificazione. A ben guardare le circostanze sono due, ma una di queste è prettamente tecnica e si lega alle "comprovate esigenze lavorative". Il governo, infatti, con particolare riferimento ai lavoratori autonomi, in una Faq a loro indirizzata spiega quanto segue:

«La giustificazione del motivo di lavoro può essere comprovata anche esibendo, per esempio, adeguata documentazione fornita dal datore di lavoro (tesserini o simili) idonea a dimostrare la condizione dichiarata».

Dunque, per i motivi di lavoro, il modulo dell'autocertificazione non è necessariamente imprescindibile, poiché la giustificazione del motivo di lavoro può essere «comprovata» anche esibendo «tesserini o simili». Il governo nelle Faq lo esplicita ulteriormente là dove afferma:

«"Comprovate" significa che si deve essere in grado di dimostrare che si sta andando (o tornando) al (dal) lavoro, anche tramite l’autodichiarazione di cui alla FAQ n. 2 o con ogni altro mezzo di prova, la cui non veridicità costituisce reato. In caso di controllo, si dovrà dichiarare la propria necessità lavorativa. Sarà cura poi delle Autorità verificare la veridicità della dichiarazione resa con l’adozione delle conseguenti sanzioni in caso di false dichiarazioni».

Nella casistica appena esposta, dunque, per "comprovare" le proprie esigenze di lavoro si può anche fare ricorso ad altri «mezzi di prova» che non siano l'autocertificazione, tuttavia resta il fatto che tali motivi di lavoro vadano comprovati. Vi è invece una situazione più specifica che, a discrezione di chi effettua i controlli, può eventualmente non prevedere alcuna esplicita richiesta da parte degli operatori di "comprovare" la motivazione di uno spostamento. Arriviamo al punto: si tratta degli spostamenti per lo svolgimento di attività sportiva a livello individuale. Le norme in zona rossa, a tal riguardo, sono sempre rimaste identiche in tutti i Dpcm che si sono sino ad ora susseguiti durante la "seconda ondata" pandemica, da novembre 2020 a marzo 2021. Anche nell'attualmente vigente Dpcm a firma Mario Draghi, infatti, per lo svolgimento dell'attività motoria e di quella sportiva a livello individuale troviamo la seguente laconica ed immutabile dicitura (Art. 41, comma 2):

«È consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona e con obbligo di utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie. È altresì consentito lo svolgimento di attività sportiva esclusivamente all'aperto e in forma individuale».

Questa stessa espressione era già contenuta nel Dpcm del 3 novembre 2020 e non è più cambiata in seguito. Possiamo subito notare che, rispetto all'attività motoria, l'attività sportiva a livello individuale si differenzia, da un lato, per il maggiore sforzo fisico che naturalmente comporta, ma dall'altro lato, ed è ciò che qui ci interessa, per quella che potremmo definire la sua naturale "autoevidenza". Cerchiamo di spiegarci meglio: se una persona sta passeggiando in centro a Verona, potrebbe essere un individuo intento a fare attività motoria in prossimità della propria abitazione, ma potrebbe anche starsi dirigendo in un negozio legittimamente aperto per effettuare un acquisto, oppure non avere alcun titolo valido per essere in giro. Ecco allora che l'attività motoria non sempre è "autoevidente", cioè si presta ad un'ambiguità interpretativa per chi osserva: si sta sgranchendo le gambe in prossimità di casa, oppure è diretto al supermercato? I due casi, senza un controllo e relativa autodichiarazione, non possono essere decisi a prima vista e, dunque, si renderebbe indispensabile una verifica.

Questa possibile ambiguità di fatto dell'attività motoria, è invece da escludersi in linea di diritto con maggior credito per l'attività sportiva svolta a livello individuale. Se infatti un soggetto in centro a Verona vestito in tuta ginnica e scarpe sportive, magari pure con annesso bracciale per contare battito cardiaco e registrare i chilometri, sta correndo liberamente in giro per la città, il senso della sua attività e, dunque, la "motivazione" del suo spostamento, risulta essere "autoevidente", e proprio per questo può non essere necessario per chi svolge i controlli fermare il o la runner di turno per chiedere: «Ma lei, in zona rossa, cosa sta facendo?». Dunque, per quanto sia sempre possibile ed assolutamente legittimo che anche ad un corridore o ad un ciclista con bici da corsa venga chiesto di compilare il modulo dell'autodichiarazione per giustificare il proprio spostamento, quella dello svolgimento di attività sportiva individuale è l'unico caso realmente ipotizzabile in cui tale modulo può anche non essere richiesto.

La circostanza era stata formalmente evidenziata proprio nella prima circolare ai prefetti del Viminale che aveva dovuto spiegare il funzionamento delle differenti zone di rischio nell'Italia suddivisa in Regioni con diverse "colorazioni". Si tratta della circolare del 7 novembre 2020 che con attinenza proprio alla zona rossa per le disposizioni in materia di attività motoria e sportiva, ad oggi come visto immutate sul punto specifico, faceva riferimento all'esplicita possibilità di riconoscere uno sportivo «ictu oculi», cioè a dire «a colpo d'occhio», a fronte di una percezione immediata e non contestabile per la sua evidenza inconfutabile. Così, infatti, si leggeva nella circolare del 7 novembre scorso:

«L’utilizzo del modulo di autocertificazione si correla anche allo svolgimento dell’attività motoria e dell’attività sportiva, che restano consentite nei termini e alle condizioni precisate dall’art. 3, comma 4, lett. e), fatti salvi i casi in cui lo svolgimento di dette attività in conformità al precetto sia verificabile ictu oculi».

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