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Cronaca

I redditi di tre piloti d'aereo "volavano" truffando l'Inps

Percepivano 7mila euro netti di cassa integrazione e si erano fatti assumere da altre compagnie

Ufficialmente erano in cassa integrazione, ma i loro redditi "volavano" senza che l'Inps ne sapesse nulla. La guardia di finanza ha riportato con i piedi per terra tre piloti d'aereo di una compagnia italiana che percepivano circa 7mila euro al mese come ammortizzatore sociale, cioè l'80% del loro reddito da lavoro mensile, e in più erano riusciti a farsi assumere da alcune compagnie del Medio Oriente. I conti sono semplici: oltre 7mila euro netti da "inoccupati" e circa 9mila euro mensili dalle compagnie straniere. Cifre da nababbi.

Lo spunto per le indagini, coordinate dal tenente Fabrizio Dalemmo, comandante della sezione tutela della spesa pubblica della guardia di finanza di Verona,  è stato un articolo di giornale in cui si sottolineava un fatto più unico che raro: la compagnia aerea era costretta a mettere 700 dipendenti in cassa integrazione e chiedeva se ci fossero dei volontari. In un mondo normale ciò sarebbe stato considerato una iattura. In questo caso, invece, ci furono circa 900 domande. Le Fiamme Gialle scaligere hanno quindi deciso di vederci chiaro. Ottenuti gli elenchi da molte sedi Inps, prevalentemente del nord Italia, di tutti i piloti forzatamente inattivi, questi nomi sono stati poi confrontati con le informazioni inserite nella banca dati internazionale in uso dai finanzieri e con i nomi forniti dalle compagnie aeree straniere dei loro assunti. E' saltato subito fuori il raggiro di questi tre piloti. Avevano collegamenti con il Veronese perché o residenti qui, o perché il loro aeroporto "di base" era il Catullo. Sulla loro identità però gli inquirenti mantengono il più stretto riserbo.

Uno dei tre in un anno era riuscito a percepire un importo netto di 84mila euro dalla cassa integrazione e di 108mila euro come comandante di Airbus per una compagnia aerea estera. Questi "furbetti del volo" sono stati denunciati per truffa aggravata, per indebita percezione di erogazioni pubbliche e falsità ideologica commessa da privato. Dal punto di vista professionale non dovrebbero incorrere in sanzioni. Subito dopo la questione penale, però, arriverà anche quella fiscale. Per non farsi scoprire, infatti, di certo hanno nascosto all'Inps gli introiti percepiti dalle aziende straniere. Dovranno quindi restituire i soldi pubblici "rubati" e, probabilmente, pagare una sonora multa.

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