Frode fiscale, riciclaggio e traffico illecito di rifiuti, 5 arresti e 53 indagati
La guardia di finanza di Pordenone, su delega dell'Antimafia di Trieste, ha svolto una complessa attività investigativa nei confronti di un presunto gruppo criminale transazionale operante anche nella provincia di Verona
La guardia di finanza di Pordenone, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Trieste, ha svolto una complessa attività investigativa nei confronti di un presunto gruppo criminale transazionale operante nella commercializzazione fraudolenta di materiali ferrosi e non (rame, ottone, alluminio). L'operazione è stata denominata «Via della seta» e si è concentrata su di una frode fiscale da 300 milioni di euro, connessa ad un illecito traffico di rifiuti ed al riciclaggio di denaro. Gli arresti sono stati 5, mentre gli indagati sono 53. Sono stati disposti sequestri per 66 milioni di euro e tra le 12 province italiane interessate dall'indagine c'è anche quella di Verona.
Le investigazioni avviate nel 2018 hanno preso spunto da dei movimenti finanziari anomali tra un'impresa con sede in Repubblica Ceca ed una neocostituita azienda della provincia di Pordenone. Le successive indagini sono state portate avanti dal nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme Gialle, il quale ha utilizzato intercettazioni (telefoniche, telematiche, ambientali), pedinamenti, monitoraggi video e captazioni informatiche per ricostruire un diffuso e importante traffico di rottami metallici di varia origine attivo dal 2013. Un traffico di circa 150.000 tonnellate di materiali svolto aggirando gli obblighi ambientali e di tracciatura ed utilizzando fatture per operazioni inesistenti.
Queste fatture false avrebbero permesso alle aziende di vendere rottami ferrosi in nero, evadendo le imposte e sottraendosi agli obblighi di monitoraggio disciplinati dalla normativa ambientale. Inoltre, le false fatture avrebbero consentito agli utilizzatori finali di documentare costi fittizi, con la relativa riduzione della base imponibile.
COME OPERAVA IL GRUPPO CRIMINALE
La serie di illeciti ruota attorno ad una società operante nel commercio di rottami metallici. Una società di intermediazione tra le ditte di provenienza del materiale e le acciaierie. Per nascondere il traffico illegale della merce sarebbero state eseguite finte operazioni di acquisto dall'estero di materiale ferroso. Operazioni testimoniate da false fatture, emesse da società compiacenti con sede in Repubblica Ceca e Slovenia. Questi falsi acquisti intracomunitari sarebbero serviti come copertura documentale e contabile per far apparire le merci come rottami lecitamente acquistati. E il meccanismo avrebbe permesso ad aziende manifatturiere di vendere scarti di lavorazione metalliche ad acciaierie che avrebbero così acquistato materiale in regola solo dal punto di vista della documentazione. Una documentazione creata in modo fittizio e illecito.
Specifici approfondimenti investigativi sono stati, inoltre, rivolti ai profili finanziari delle attività, dove i pagamenti delle fatture (di acquisto e vendita) venivano sempre condotti tramite bonifici bancari, per mostrare in modo strumentale la loro correttezza di fronte ad eventuali attività ispettive. Mentre i pagamenti per le operazioni illegali sarebbero avvenuti sempre tramite contanti.
In una prima fase investigativa, sarebbe stato scoperto il movimento di circa 150.000.000 di euro all'estero da parte dell'organizzazione a favore di società ceche e slovene. Denaro che sarebbe stato poi ritrasferimento in banche cinesi, nei cui bonifici venivano indicati come causale "importazioni" di acciaio e ferro in Europa. Importazioni che però non sarebbero mai avvenute. Le indagini avrebbero infatti scoperto la natura artefatta di queste operazioni e l'esistenza di un accordo tra il gruppo criminale italiano e alcuni membri di comunità cinesi residenti in Italia. Un'alleanza tra criminali che avrebbe permesso ad entrambi di raggiungere i propri obiettivi. Da una parte il denaro inizialmente trasferito nei paesi dell'Est Europa dagli italiani veniva trasferito in banche cinesi e lì trasformato in denaro contante che veniva consegnato in Italia dai referenti cinesi ai membri del sodalizio criminale italiano. Passaggi di denaro che si sarebbero concretizzati in noti centri commerciali all'ingrosso di Padova e Milano. Dall'altra parte i membri delle comunità cinesi sarebbero riusciti a riciclare ingenti somme di denaro che avevano ottenuto in modo illecito.
L'operazione della guardia di finanzia avrebbe permesso di individuare l'emissione di fatture per operazioni inesistenti per 308.894.000 euro e il trasferimento occulto di risorse finanziarie in Cina per 150.000.000 euro. Secondo le tesi accusatorie, accolte dal giudice per le indagini preliminari che ha ordinato gli arresti, l'organizzazione criminale si è rivelata particolarmente complessa e articolata in quanto caratterizzata da una molteplicità di uffici, persone coinvolte, ruoli, mezzi utilizzati, imprese di trasporto, società italiane e straniere e sarebbe stata così appositamente modulata per consentire, attraverso la formazione, la redazione e l’utilizzo di documentazione totalmente falsa, l’illecito traffico di ingentissimi quantitativi di prodotti. I principali promotori del consorzio criminale sarebbero cinque uomini originari del Triveneto (tre dei quali con residenza all'estero) coinvolti nella gestione di tre società filtro con sede nelle provincie di Venezia, Pordenone e Treviso. Tra gli ulteriori soggetti indagati risultano anche i coniugi di due dei principali artefici dell’associazione cui sono state contestate condotte di riciclaggio connessa all’acquisto di alcuni immobili con risorse di origine delittuosa, nonché imprenditori residenti in 12 provincie, utilizzatori di fatture per operazioni inesistenti. E sono state complessivamente condotte 50 perquisizioni nelle provincie di Udine, Gorizia, Treviso, Padova, Belluno, Verona, Venezia, Brescia e Como.