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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Porto San Pancrazio / Lungadige Galtarossa

Pfas, l'Arpav assicura: "Con i nuovi filtri, acqua a norma in pochi giorni"

Il direttore generale Nicola Dell’Acqua: "Presto gli acquedotti veneti interessati potranno erogare acqua con valori in regola con i nuovi limiti imposti dalla Regione"

Con l’impiego di nuovi filtri, nel giro di una decina di giorni gli acquedotti del Veneto interessati dall'inquinamento da Pfas potranno erogare acqua con valori in regola con i nuovi limiti imposti dalla Regione. Lo ha assicurato il direttore generale di Arpav Nicola Dell’Acqua.

Lunedì prossimo ci sarà un incontro tecnico a Vicenza tra Arpav ed enti gestori degli acquedotti per definire i dettagli dell’intervento che si articolerà in tre fasi: la prima, già iniziata, è quella della messa in opera dei nuovi filtri. La seconda fase sarà quella delle piccole infrastrutture, con investimenti limitati ma che gli enti acquedottistici potranno avviare immediatamente e realizzare nel giro di tre-quattro mesi per il miglioramento ulteriore della qualità dell'acqua. La terza fase sarà quella della rivisitazione generale del sistema acquedottistico per portare acqua pulita nelle aree inquinate, per la quale si attendono gli 80 milioni di euro che dovrebbero essere stati sbloccati dal governo. Non appena gli 80 milioni saranno disponibili, si procederà per stralci successivi e i lavori potrebbero essere completati nell’arco di 48 mesi. L'intervento prevede tre distinte condotte che convergeranno nell'area interessata da est, da ovest e da sud.

Nel frattempo, l'assessore alla sanità Luca Coletto ha fatto il punto sulle attività rivolte alla salute della popolazione.

Sono iniziate sin dal 2013 e si sono via via affinate, per arrivare agli screening di primo e secondo livello per rilevare le concentrazioni nel sangue di queste sostanze e prevenire l'insorgenza e la cronicizzazione di malattie ipoteticamente correlate - ha detto Coletto - Un impegno rilevante, sia per le strutture sanitarie coinvolte, sia per i costi, che finora ammontano ad almeno 5 milioni di euro e che lieviteranno per anni, dato che uno screening, per sua natura, non si esaurisce in poco tempo. Il tutto con un approccio rigorosamente scientifico a livello internazionale, perché su questa partita lavoriamo in stretta collaborazione sia con l’Istituto Superiore di Sanità italiano che con L’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tutte le prestazioni che la sanità veneta eroga sono completamente gratuite per le persone coinvolte. Lo screening è rivolto in questo momento a 85.000 persone sulle 127.000 residenti nella zona rossa. Siamo partiti con una fascia di popolazione molto ampia, tra i 14 e i 65 anni, ma stiamo valutando la possibilità di abbassare ulteriormente l’età minima andando a esaminare anche i bambini, e di alzare quella massima per valutare gli eventuali accumuli anche sui più anziani. Sul piano scientifico si valuta inoltre l’ipotesi di un ulteriore allargamento anche ai cittadini residenti nella cosiddetta zona arancione.

Sinora gli esami si sono conclusi su 5.000 cittadini e si prevede di coprire l'intera cifra di 85.000 in circa un anno. Il protocollo operativo è stato affinato a mano a mano che si procedeva: a breve ogni singola persona verrà convocata in ambulatorio per ricevere direttamente l’esito degli esami e spiegazioni sulla sua situazione invece che ricevere il referto a casa. Se i sanitari lo ritengono necessario, il paziente viene quindi inviato ad un secondo livello di screening, dove si valuta il suo stato di salute complessivo e in particolare si pone attenzione a eventuali patologie presenti, potenzialmente correlabili all'assunzione delle sostanze in questione, come problemi alla tiroide, ipertensione, colesterolo e diabete. A coloro che presentano una concentrazione di Pfas superiore a 100 nanogrammi per litro viene offerta la possibilità di effettuare gratuitamente la plasmaferesi, una procedura che si utilizza da tempo per contrastare in linea generale le situazioni di avvelenamento o contaminazione del sangue.

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