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'Ndrangheta, guai per Eurospin Sicilia: disposta per un anno l’amministrazione giudiziaria

La società di Catania fa parte del marchio che ha sede a San Martino Buon Albergo ed è finita al centro delle attenzioni di guardia di finanza e DIA, che al termine delle indagini hanno chiesto e ottenuto il provvedimento da parte della Sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Reggio Calabria

Sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal dottor Giovanni Bombardieri, la DIA e il Comando provinciale della guardia di finanza reggina hanno dato esecuzione al provvedimento con il quale la Sezione Misure di Prevenzione del tribunale calabrese ha disposto l’applicazione della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria (ex art. 34 del codice antimafia), nei confronti di Eurospin Sicilia Spa, con sede a Catania, una delle cinque società operative con le quali opera il noto marchio della distribuzione alimentare che ha il suo centro a San Martino Buon Albergo. 

Eurospin, operante nel settore della grande distribuzione alimentare, è presente con oltre 100 punti vendita in Calabria e Sicilia, con un fatturato annuo di circa 900 milioni di euro e 2500 dipendenti.

Il complesso esame degli elementi d’indagine, tra cui le risultanze dell’operazione "Planning", condotta dalla DIA e dal nucleo polizia economico-finanziaria di Reggio, avrebbe disvelato la «sussistenza di uno stabile rapporto di oggettiva agevolazione tra l’esercizio delle attività economiche dell’impresa - in particolare l’espansione commerciale sul territorio - ed esponenti della ‘ndrangheta o collusi con questa», come recita la nota delle Fiamme gialle, le quali insieme agli agenti della DIA hanno notificato al suo amministratore unico e legale rappresentante Matteo Mion. 

Le forze dell'ordine spiegano che infatti l’edificazione e la ristrutturazione di alcuni punti vendita presenti nella città e nella provincia del capoluogo reggino sarebbero avvenuti attraverso imprese, formalmente intestate a prestanome, ma, di fatto, «gestite da imprenditori contigui alla criminalità mafiosa locale, favorendo anche in maniera indiretta l’arricchimento delle consorterie criminali».
In tale contesto sarebbe emerso che l’infiltrazione mafiosa avrebbe fortemente condizionato le scelte aziendali dell’impresa committente.

Pertanto il tribunale, «allo stato del procedimento e fatte salve le future valutazioni nel merito, avendo rilevato la sussistenza di sufficienti indizi per ritenere che l’attività posta in essere nella gestione dell’impresa, seppur colposamente, abbia agevolato imprenditori che operavano nell’interesse della ‘ndrangheta, ne ha disposto l’amministrazione giudiziaria per il periodo di un anno, al fine di arginarne la contaminazione mafiosa», conclude la nota.

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