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Aned piange il suo presidente. È morto Ennio Trivellin, sopravvissuto a Mauthausen

Il decesso è avvenuto nella sua casa di Codroipo. Aveva 94 anni. Partigiano, era un 16enne quando fu deportato nel campo di concentramento

Ieri, 16 settembre, all'età di 94 anni, si è spento Ennio Trivellin, presidente della sezione di Verona di Aned, l'associazione nazionale degli ex deportati nei campi nazisti. «Nel grande dispiacere che ci colpisce - si legge sulla pagina Facebook di Aned Verona - siamo vicini alla famiglia, a chi gli ha voluto bene e a tutta Aned che in questi anni ha goduto della sua testimonianza della deportazione, della sua grande apertura mentale e saggezza che non scorderemo mai».

La morte di Trivellin è avvenuta nella sua casa di Codroipo, in provincia di Udine. Si è spento così uno degli ultimi testimoni diretti degli orrori della deportazione e dei campi di concentramento.
Trivellin era nato a Verona nel 1928. Ancora studente collaborò con un battaglione partigiano durante la Seconda Guerra Mondiale e a 16 anni fu arrestato e temporaneamente detenuto nel capoluogo scaligero. Fu poi trasferito nel campo di concentramento e transito di Bolzano e infine deportato per motivi precauzionali nel campo di concentramento di Mauthausen. Il suo numero di matricola era 110425. Da Mauthausen passò poi nel campo satellite di Gusen e in seguitò necessitò di un ricovero nell'infermeria di Mauthausen. Fu liberato nel 1945 da un'armata dell'esercito americano. Trivellin sopravvisse dunque a Mauthausen, campo di concentramento in cui si stima furono uccise più di 120mila persone.

Sul sito di Aned, è stato pubblicato un lungo ricordo di Salvatore Passaro, membro di Aned Verona. «Ringrazio Dio per aver avuto la possibilità di conoscere e frequentare Trivellin negli ultimi cinque anni della sua vita - si legge - Ennio, partigiano Gervasio, ma anche Nemo, fu arrestato insieme al padre Zeffirino, perchè a casa, nel granaio in Via Barana, erano state trovate le armi che il giovane partigiano nascondeva per consegnarle poi da staffetta ai combattenti che si rifugiavano sui monti circostanti a Verona. I fascisti lo consegnarono alle SS. Successivamente, Ennio fu trasferito a Forte San Leonardo, dove restò in cella, insieme ad altri 25 partigiani, facendo conoscenza coi pidocchi e con le botte delle SS. Mentre attendeva la fucilazione, fu trasferito al lager di Bolzano e rinchiuso nel Block E, definito "dei pericolosi". Il padre lo raggiunse qualche giorno dopo e vi rimase fino alla sua liberazione che avvenne alla fine di marzo 1945. Da Bolzano, Ennio Trivellin fu trasportato a Mauthausen in carri bestiame. Poi fu destinato al lager di Gusen. Si trovò ricoverato per un principio di congelamento alle gambe. Fu salvato da un medico prigioniero spagnolo che lo curò con della carta e acqua ossigenata. Poi gli consigliò di ritornare in baracca perchè le SS di lì a poco avrebbero sterminato i malati. Infatti il giorno del suo diciassettesimo compleanno, il suo compagno di classe Eliseo Cobel fu ucciso a colpi d’ascia. Da quel giorno Ennio non ha festeggiato più il suo compleanno. La liberazione avvenne grazie agli americani che giunsero nel lager il 5 maggio 1945. Partiti in 22, tornarono a casa solo in 2: lui e Battista Giovanni Ceriana, futuro primo segretario nazionale dell’Aned. Ennio rientrò a Verona grazie ad un camion della ditta Negroni che lo accompagnò fino a Porta Vescovo. La storia di Ennio Trivellin e dei suoi compagni partigiani adolescenti ha cambiato la mia vita, trasportandomi nel mondo del dolore e delle atrocità di una guerra condotta con l'odio verso coloro che non si piegavano alla dittatura fascista. Ho compreso come la guerra partigiana sia stata uno dei momenti più alti della storia del nostro paese che ha visto coinvolti non solo comunisti, come credevo, ma tanti tanti cattolici, socialisti, azionisti, repubblicani, liberali, donne, giovanissimi, preti, vescovi, ebrei e militari».

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