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Cronaca Centro storico / Piazza Bra

Nuovo Dpcm e coprifuoco in tutta Italia. Torna l'autocertificazione, limitazioni per i negozi

Trattativa durissima e il Dpcm potrebbe slittare: oggi parla Conte, è ormai certo il coprifuoco ma si dibatte sull'orario d'inizio, così come sulle "zone rosse" e gli spostamenti tra Regioni

Si va ormai verso un ulteriore Dpcm che stravolgerà nuovamente la vita degli italiani. La cosa non dovrebbe essere scontata, poiché quello firmato il 24 ottobre sarebbe dovuto scadere un mese dopo e, invece, ancora una volta (la quarta per la precisione, dopo i Dpcm del 13, del 18 ed appunto del 24 ottobre) il governo tornerà sui suoi passi anzitempo, modificando le norme del vivere comune ai tempi della pandemia. È molto attesa la comunicazione che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte terrà oggi alle ore 12 alla Camera. Qui dovrebbero essere annunciate le nuove misure che, forse con lievi modifiche ulteriori, dovrebbero poi confluire nel quarto Dpcm in circa venti giorni firmato dal premier.

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In merito alla "firma", tuttavia, se fino a ieri si dava per scontato che sarebbe giunta proprio oggi, lunedì 2 novembre, lo stallo e le difficoltà delle trattative in atto tra governo centrale e i presidenti delle Regioni potrebbe addirittura far slittare a martedì il tutto. Restano infatti ancora diversi nodi da sciogliere sul tavolo delle trattative volte a stabilire le nuove regole da imporre per cercare di contrastare la diffusione del virus Sars-CoV-2 e scongiurare il collasso all'orizzonte del Sistema sanitario nazionale. Punto di attrito fondamentale è senz'altro ad oggi la questione dei cosiddetti lockdown localizzati, vale a dire le chiusure pressoché totali di città anche importanti come Milano o Genova dove la circolazione del virus parrebbe già aver raggiunto livelli critici. A chi spetta una decisione politica così impopolare? Il governo sostiene sia necessario delegare ai presidenti di Regione, ma questi fanno spallucce e propongono misure alternative, quali una riduzione mirata della libertà di circolazione per le fasce di popolazione anagraficamente più a rischio (over 70 o 75), idea a sua volta rigettata dal governo. 

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Il coprifuoco: alle ore 18 o alle ore 21?

Quello appena menzionato non è però l'unico motivo di scontro sulle prossime decisioni che la politica dovrà assumere. È infatti tornata prepotentemente in gioco nelle ultime ore una parola invisa a tutti solo una settimana fa, ma che ormai indica con pressoché assoluta certezza quale sarà la condizione quotidiana per tutti gli italiani nei prossimi giorni: "coprifuoco". Oggi si discute sull'orario di inizio del coprifuoco in tutto il Paese e per tutte le categorie di persone, non più della necessità o meno di applicarlo.

Fino a ieri sembrava certo che l'orario sarebbe stato lo stesso per tutte le località d'Italia, vale a dire coprifuoco a partire dalle ore 18, in coincidenza cioè con la chiusura di bar, ristoranti e locali simili, il che lascerebbe intendere che questi non dovrebbero subìre ulteriori restrizioni d'orario (ma questa resta una semplie induzione ipotetica). Nelle ultime ore sarebbe però emersa a livello d'indiscrezione una via alternativa: coprifuoco dalle ore 18 per le zone più a rischio dove il contagio dilaga, mentre in altre aree d'Italia meno sotto pressione si slitterebbe fino alle ore 21. Cosa s'intende esattamente per "coprifuoco"?

In Lombardia è ad esempio già in atto, tramite un'ordinanza regionale di oltre quindici giorni fa, ma con inizio fissato alle ore 23 e che quindi verrebbe anticipato dal prossimo Dpcm. Di fatto nel caso la misura confluisse nel nuovo decreto, a partire dalle ore 18 o, a seconda dei casi, dalle ore 21, tutti i cittadini in Italia non potrebbero più uscire di casa salvo che per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o salute e situazioni d'urgenza. Gli eventuali spostamenti andrebbero sempre autocertificati nella loro motivazione in caso di controllo tramite apposito modulo, mentre resterebbe pur sempre consentito il rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza. Per fare un esempio, nel caso di un ristoratore che chiuda il locale alle 18 e torni a casa non prima delle 19, nell'ipotesi di un controllo, basterebbe appunto autodichiare che si sta facendo ritorno a casa dopo la giornata di lavoro. Stessa cosa dicasi per i clienti dei locali legittimamente aperti che siano rimasti fino alle ore 17.45 ad esempio in un bar e impieghino oltre 40 minuti per far rientro nella propria abitazione: in caso di controllo basterebbe riferire che si è stati nel tal esercizio (magari conservando con sé lo scontrino) e spiegare all'agente accertatore che si sta facendo rientro al proprio domicilio, residenza od abitazione.

Chiusura obbligatoria degli esercizi commerciali

Se fino ad oggi le limitazioni d'orario per quanto riguarda l'apertura degli esercizi commerciali avevano interessanto soltanto quelli nel settore della ristorazione, dai bar alle gelaterie, pasticcerie e ristoranti, con il nuovo Dpcm parrebbe scontato che, entrando in vigore il "coprifuoco", verrà applicata la chiusura obbligatoria di tutti gli esercizi commerciali alla medesima ora. Ad esserne esclusi saranno soltanto le farmacie oppure i supermercati, cioè quei negozi che vendono beni considerati di prima necessità, mentre per tutti gli altri esercizi commerciali, dai negozi di abbigliamento alle librerie, scatterebbe l'obbligo di chiusura con lo scoccare dell'inizio del coprifuoco (alle 18 o alle 21 a seconda della scelta finale del governo).

Da sottolineare come per il singolo cittadino, dalle ore 18 in poi o dalle 21 e cioè dall'inizio del coprifuoco, sarà comunque concesso uscire di casa, ad esempio, anche per recarsi nei supermercati o nelle farmacie. Questi sono infatti esercizi commerciali che saranno ancora legittimamente aperti anche in orario di coprifuoco e dove l'attività di acquisto dei beni in essi venduti, costituirà ai fini del nuovo Dpcm, di per se stessa, una "situazione di necessità" tale da giustificare lo spostamento. In breve: dopo l'inizio del coprifuoco si potrà andare a fare la spesa? Sì, se il supermercato è ancora aperto, in quanto l'acquisto dei beni negli esercizi commerciali legittimamente aperti è una "situazione di necessità" e come tale giustifica gli spostamenti dei cittadini ai fini dell'autodichiarazione. 

Stop agli spostamenti tra differenti Regioni

Il tema è molto caldo e la discussione tra presidenti di Regione e governo centrale accesissima. Da un lato la richiesta dei presidenti di un intervento normativo su scala nazionale che tracci quindi disposizioni univoche, dall'altro l'ipotesi invece di stabilire delle "zone rosse", o per gli amanti degli eufemismi delle "zone protette", con restrizioni circoscritte e limitate a quelle aree del Paese oggi in grande sofferenza e con evidenti segnali di criticità in merito alla diffusione del virus. Il principio guida per le eventuali restrizioni localizzate sugli spostamenti solo in alcune Regioni dovrebbe comunque sempre essere il famoso indice Rt (erre con t), vale a dire l'indice di trasmissione del virus nel corso del tempo a fronte anche di provvedimenti che dovrebbero limitarne la diffusione tra la popolazione. 

In caso di chiusura generalizzata dei confini regionali in tutta Italia, quindi se si tornasse alla decisione presa durante la prima ondata, in realtà restano da chiarire numerosi aspetti. Quali sarebbero le condizioni sulla cui scorta uno spostamento interregionale sarebbe legittimo e giustificato? Sicuramente resterebbero le "comprovate esigenze lavorative", ma bisognerebbe capire se si tornerebbe ad utilizzare la discriminante che fu applicata sei mesi fa tra "situazioni di necessità" (tra le quali rientra come detto l'andare a fare la spesa al supermercato) e le "situazioni d'urgenza" che, sole queste ultime, consentirebbero di spostarsi tra Regioni differenti. Oltre a ciò, sarebbe possibile per fare visita ai famigerati "congiunti" che vivono magari in zone limitrofe, ma separati appunto dal confine regionale? Sei mesi fa non fu concesso, oggi resta tutto ancora da capire, quel che è certo è che per molti si tratta di incubi già vissuti che ritornano con la forza devastante del rimosso e, dunque, bisognerà anche capire quale sarà la soglia di tolleranza e la disponibilità dei cittadini ad accettare tali forti restrizioni una seconda volta nel giro di meno di un anno.

Didattica a distanza per le scuole

Alla fine quando il governatore del Veneto Luca Zaia propose, il giorno precedente a quello in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte firmò l'inutile primo Dpcm della lunga saga giunta ormai al quarto episodio (l'inutilità si dimostra nella necessità dei successivi tre provvedimenti), di introdurre la DAD per le ultime tre classi delle scuole superiori, ebbene, Zaia andava forse ascoltato. Si è perso un sacco di tempo in polemiche ed oggi la proposta ufficiale del governo è che la didattica a distanza torni ad essere applicata in tutte le classi delle scuole superiori, oltre che nelle terze medie e, forse, anche alle seconde medie.

In sostanza, la tanto strenuamente difesa "didattica in presenza" resterebbe soltanto per le prime medie e le scuole elementari, dove peraltro si parla anche di necessità di indossare la mascherina durante le lezioni. Cosa tra l'altro che potrebbe rivelarsi inutile, stando agli ultimi studi che mostrano come il contagio anche con la mascherina negli ambienti chiusi, quali ristoranti ma l'aula di una scuola non fa molta differenza, possa ugualmente avvenire se non si arieggino adeguatamente i locali. E fare lezione con le finestre aperte a novembre o dicembre non è che sia proprio il massimo della vita. 

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