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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Centro storico / Piazza Bra

Divieto spostamenti tra Regioni ancora per un mese e nuovo decreto sulle norme dal 5 marzo

Oggi il Consiglio dei ministri: attesa per le scelte sul futuro di bar, palestre, cinema e teatri

Si va verso il rinnovo del divieto di spostamento tra Regioni diverse, salvo motivi di lavoro, necessità, o salute, anche tra Regioni in zona gialla, per un ulteriore mese. Il divieto sarebbe in scadenza giovedì 25 febbraio, ma la volontà condivisa anche dai presidenti di Regione con il governo è quella di allungare tale restrizione alla mobilità dei cittadini fino almeno al prossimo 27 marzo. Dopo, con Pasqua e pasquetta alle porte che cadranno domenica 4 e lunedì 5 aprile, l'auspicio dell'esecutivo è che le condizioni consentano di allentare la presa. Discorsi già sentiti: chiudere oggi per aprire domani, chiudere ora per aprire a Natale che diventa chiudere oggi per aprire a Pasqua. Ma tant'è, l'opzione è stata discussa tra i vari governatori e la nuova ministra per gli Affari regionali, l'esponente di Forza Italia Mariastella Gelmini, insieme al ministro della Salute Roberto Speranza (Leu).

Nuovo decreto-legge approvato: no mobilità tra Regioni fino al 27 marzo e restrizioni sulla visita a casa

Decreto spostamenti e Dpcm last minute?

Alle ore 9.30 di questa mattina, lunedì 22 febbraio, ha avuto inizio il Consiglio dei ministri che all'ordine del giorno presentava anche ed anzitutto l'emergenza Covid, con il nuovo decreto-legge sugli spostamenti interregionali che dovrebbe infine essere approvato. Salvo sorprese, dunque, fino al prossimo 27 marzo 2021 non ci si potrà spostare tra Regioni differenti a meno di avere una motivazione valida ammessa dalla normativa e da autocertificare tramite apposito modulo in caso di controllo. Proprio le norme che saranno vigenti potrebbero però cambiare, essendo che l'ultimo Dpcm a firma Giuseppe Conte è oramai prossimo alla scadenza, fissata per il 5 marzo. Una delle principali contestazioni mosse al precedente governo era il ritardo con cui i provvedimenti venivano presentati ai cittadini, e sul punto il nuovo governo non sta certo migliorando. Il disastro burocratico della chiusura degli impianti da sci, oggi a soli tre giorni dalla scadenza del divieto di spostamento tra Regioni il nuovo decreto, la speranza è che almeno il prossimo Dpcm venga illustrato entro domenica e non si attenda l'inizio della settimana prossima per spiegare agli italiani come cambierà la loro vita quotidiana dal 6 marzo.

In realtà, però, la sensazione è che si sia ancora in alto mare e che, anzi, oggi le cose siano molto più complicate dal fatto che la maggioranza di governo sia quantomai eterogenea: difficile conciliare la prudenza del ministro Roberto Speranza con le istanze del leader della Lega Matteo Salvini. Come trovare un punto di caduta comune tra chi vorrebbe aprire bar e ristoranti la sera, o mantenerli aperti anche in zona arancione, e chi invece sin qui ha ritenuto necessario tenere chiusi cinema, teatri e persino i musei nel weekend, aprendoli solo infrasettimanalmente (cioè quando nessuno storicamente li visita)? La risposta dovrà trovarla il professor Mario Draghi nella sua nuova, difficile, delicatissima posizione di premier della maggioranza di governo più disomogenea che si potesse immaginare.

Il futuro di bar, ristoranti, piscine, palestre, cinema e teatri

Quali le ipotesi? Anzitutto parrebbe essersi eclissata l'idea di una zona arancione in tutto il Paese, o comunque l'idea di applicare in modo uniforme delle norme maggiormente restrittive in tutte le Regioni. Molto più concreta la possibilità che si cerchi di contenere le varianti del virus con micro-lockdown localizzati dove si presentino focolai. In via preliminare, anzitutto, resterà dunque il sistema delle differenti zone di rischio (con i relativi colori) che pare dunque destinato ad essere confermato. L'Italia anche dal 6 marzo sarà suddivisa in area gialla, arancione e rossa, ma a mutare potrebbero essere le regole valide all'interno delle singole zone. C'è chi propone di riconsiderare le valutazioni fatte circa alcune tipologie di attività particolarmente danneggiate sin qui dalle restrizioni, su tutte quelle del settore ristorazione. La volontà sarebbe insomma quella di differenziare tra loro le stesse varie tipologie di attività commerciali di tale settore, ad esempio allentando maggiormente le restrizioni per quei locali in cui è possibile occupare posti a sedere, dunque mantenere con maggior rigore il rispetto dei protocolli, del distanziamento interpersonale ed evitare assembramenti. 

Si era anche parlato di una possibile riapertura di piscine e palestre, con tanto di protocollo del Cts, ma gli stessi scienziati hanno poi nei fatti sconsigliato di allentare le restrizioni in questa fase in cui è necessario contenere la diffusione delle varianti del virus. Assai difficile appare oggi che dal 6 marzo si possa nuovamente tornare a nuotare in piscina o a far pesi in palestra. In merito a teatri e cinema vanno segnalate alcune dichiarazioni del ministro alla Cultura Dario Franceschini che ha improvvisamente deciso di smentire il se stesso di alcuni mesi fa. In un'intervista al Corriere della Sera, Franceschini ha detto: «In questi mesi abbiamo capito che i luoghi più pericolosi sono quelli dove ti togli la mascherina: ristoranti, bar, case private. Nei teatri e nei cinema, già nella riapertura estiva, c’erano misure di sicurezza molto rigide che si sono rivelate efficienti: mascherina, distanziamento, igienizzazione delle mani, sanificazione dei locali». Tutte cose che già si sapevano ad ottobre scorso, ma al tempo il ministro Franceschini disse che musei, teatri e cinema andavano chiusi perché producevano una "mobilità di persone" che andava invece contenuta. Oggi che in zona gialla ci si muove ovunque dentro la propria Regione senza dover aver motivazioni valide, la chiusura di teatri e cinema è banalmente un'assurdità che, restringendo il campo di possibilità circa le scelte delle persone su come trascorrere il proprio tempo libero, rischia in realtà di produrre effetti persino controproducenti. 

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