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Cronaca

Costretta ad abortire per prostituirsi e saldare il debito con gli aguzzini

In manette sono finite tre persone e altre cinque perquisizioni sono state eseguite nell'ambito di un'operazione condotta dalla Questura di Roma in collaborazione con Terni e Verona

La squadra mobile della Questura di Roma, in collaborazione con quelle di Terni e Verona, hanno arrestato tre persone ed eseguito altre cinque perquisizioni domiciliari, nei confronti di alcuni cittadini nigeriani e della Sierra Leone. Le accuse rivolte nei confronti di questi soggetti comprendono una serie di reati che vanno dal dal sequestro di persona, l'induzione alla prostituzione minorile fino all'aborto senza il consenso della donna attraverso la costrizione fisica e la minaccia.

Le indagini hanno preso il via durante l'estate da una denuncia presentata alla Questura di Foggia dal fidanzato di una ragazza nigeriana, che è stata obbligata ad abbandonare il centro di accoglienza e a trasferirsi a Roma per prostituirsi, nella capitale e nella provincia di Terni, nonostante fosse al quinto mese di gravidanza. Costretta dalle minacce dei suoi aguzzini, la ragazza è stata segregata in casa, senza alcuna possibilità di telefonare o uscire se non accompagnata ed esclusivamente per prostituirsi.

Alla ragazza è stata imposta tale attività, nonostante la gravidanza, per saldare un debito di 50.000 euro che probabilmente aveva contratto per arrivare in Italia. La giovane nigeriana è stata costretta ad abortire illegalmente, contro la sua volontà e probabilmente in casa in assenza di un'assistenza sanitaria, in quanto la sua condizione complicava la sua mansione di prostituta. Infatti la sfortunata cittadina nigeriana, si è presentata il 5 luglio in un ospedale romano, con una busta in mano che conteneva il feto morto, chiedendo assistenza. 

Ricevute le cure mediche del caso, la giovane è fuggita dalla struttura cercando di far perdere le proprie tracce e recandosi a casa di Esther Osazuwa, anch'essa nigeriana, che l'ha rinchiusa all'interno dell'abitazione per una settimana, sotto la sorveglianza di altre "lucciole". Rimessasi in sesto è stata obbligata a riprendere subito la propria attività a Terni, dove veniva regolarmente accompagnata da un connazionale. Indagata per questi fatti anche una donna della Sierra Leone, che sfruttava l'attività delle ragazze sia a Terni che a Roma, e che si sospetta abbia avuto un ruolo determinante nell'aborto della prostituta nigeriana.

Gli inquirenti avrebbero inoltre scoperto che gli aguzzini si sarebbero serviti di riti "Woodo" per costringere le ragazze a prostituirsi e per sottometterle fisicamente e psicologicamente. "Madame Esther" in particolare, precedentemente indagata per aborto clandestino e indotto in un'altra città italiana, risulta essere il personaggio di spicco dell'organizzazione al punto che, attraverso un'altra persona residente a Verona, cercava di portare "sulla strada", un'altra ragazza nigeriana minorenne del centro di accoglienza di Agrigento, cercando di convincerla a fuggire con inganni e raggiri. 

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