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Cronaca Centro storico / Piazza Bra

Coronavirus, contagi in aumento. Provincia di Verona «sorvegliata speciale»

Il Veronese è tra i territori italiani in cui l'incidenza dei casi settimanali ogni 100mila abitanti è cresciuta di più nelle ultime settimane

Potrebbe essere causata dalla variante Delta e dalla sua alta contagiosità, oppure potrebbero essere altri i fattori, ma i numeri non mentono: i casi di positività al coronavirus stanno aumentando in Italia. Un aumento non uniforme e che si manifesta soprattutto in alcuni territori, tra cui è inclusa la provincia di Verona.
Il Veronese, come anche le province di Caltanissetta, Ascoli Piceno, Lodi e Napoli erano stati definiti «sorvegliati speciali» nei giorni scorsi, perché mostravano un'incidenza di casi positivi superiore al resto d'Italia. Incidenza che continua ad essere alta, anche se sono diventate 14 le province che, stando agli ultimi dati a disposizione, hanno un'incidenza pari o superiore ai 10 casi di positività al coronavirus a settimana ogni 100mila abitanti. Queste 14 province sono: Caltanissetta (73 positivi ogni 100mila abitanti a settimana), Ascoli Piceno (69), Lodi (28), Napoli e Verona (22), Grosseto (20), Cosenza (17), Caserta (15), Belluno (14), Lecce e Sassari (13), Rimini (11), Bolzano e La Spezia (10).
Il matematico Giovanni Sebastiani, dell'Istituto per le Applicazioni del Calcolo 'Mauro Picone' del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac), ha commentato ad Ansa: «Si conferma il trend di aumento della curva stimata per la percentuale dei positivi ai test molecolari. In 28 province, negli ultimi sette giorni, l'incidenza è aumentata più del 50% rispetto ai sette giorni precedenti ed in 14 province l'aumento è maggiore del 100%».

Si è però cominciato a parlare anche in Italia di andamento dissociato del coronavirus. Finora, infatti, all'aumento dei contagi seguiva un aumento dei ricoveri di pazienti Covid in ospedale ed un aumento di mortalità per Covid-19. Ora, pare che all'aumento dei contagi non si associ più un aumento delle ospedalizzazioni e dei decessi, o almeno non con le proporzioni. Il ministro della salute Roberto Speranza ha infatti sottolineato che due mesi e mezzo fa c'erano 30.000 persone in ospedale, mentre adesso sono 1.500, il 95% in meno. «E avevamo 3.800 persone nelle terapie intensive, oggi siamo sotto i 190, ben oltre il -90%», ha aggiunto Speranza.
Questo però non deve far calare l'attenzione, come spiegato ad Ansa dal presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli: «Non facciamo l'errore di pensare a un virus che, per quanto abbia mutato caratteristiche, sia connotato da minor potere di provocare malattia grave. Non c'è il rischio di una quarta ondata. Lo stato di immunizzazione del Paese è cambiato e questo rende ragione di una maggior protezione dall'infezione».

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