Caso citrobacter, per la perizia richiesta dalla Procura bisognerà aspettare settembre
Doveva essere pronta per maggio, ma il gruppo di periti ha chiesto per due volte lo spostamento della scadenza. Ed i genitori dei bimbi uccisi dal batterio killer danno segni di impazienza: «Per noi questa storia è peggio dell’ergastolo»
È stata concessa una seconda deroga alla consegna della perizia richiesta dalla Procura di Verona sul cosiddetto caso citrobacter. E i genitori dei quattro neonati morti in seguito all'infezione del batterio killer cominciano a perdere la pazienza.
Tra il 2018 e il 2020, batteri denominati citrobacter koseri si sono nascosti in un rubinetto della terapia intensiva neonatale dell'Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento, a Verona. L'acqua di quel rubinetto sarebbe stata usata per idratare il latte in polvere dato ai bambini ricoverati nel reparto. Attraverso l'acqua e il latte, il batterio ha potuto infettare una novantina di bambini in due anni. Per molti di loro, l'infezione non ha avuto gravi conseguenze. Per quattro bimbi, però, il citrobacter è stato letale. E in altri sei pazienti, il batterio ha provocato lesioni permanenti.
Per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime in ambito sanitario sono stati indagati sette tra manager e medici dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. E per accertare le loro responsabilità, la Procura scaligera ha formato un gruppo di quattro periti, chiedendo loro di analizzare ogni singolo caso riconducibile alla vicenda citrobacter. Il 18 maggio scorso, i periti avrebbero dovuto consegnare i risultati del loro lavoro, ma hanno presentato solo una richiesta per poter posticipare la scadenza di 60 giorni. Richiesta accordata dalla Procura che però, il 18 luglio scorso, si è vista recapitare una nuova richiesta di spostamento del termine ultimo di presentazione della relazione. Termine che ora è stato fissato per il 18 settembre.
Ed Elisa Bettini, la mamma di una bimba di 5 mesi morta a causa del citrobacter contratto a Verona, ha commentato con rabbia su Facebook questo nuovo rinvio: «Altri 60 giorni sono passati - ha scritto - A nessuno può fregar di meno di certe scadenze, ma per noi questa storia è peggio dell’ergastolo. Non c’è un singolo giorno in cui il pensiero non sia andato li. Può capitare qualsiasi cosa, si può andare ovunque, ma ci si pensa sempre. E io ho aspettato questi altri 60 giorni. Non ho fretta, per tutta la vita la mancanza la sentirò comunque. Ma voglio giustizia. Il fatto che siano ancora tutti impuniti, lavorino ancora e vadano anche in ferie con la famiglia, mi disgusta».