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Cronaca Borgo Trento / Via San Nazaro

La polizia mette le manette ai polsi della banda delle spaccate in gioielleria

Nel febbraio 2015 avevano assaltato tre rivendite, tra cui una veronese, provocando circa 1 milione e mezzo di euro di danni e ora tutti e sei sono finiti in manette per mano degli investigatori delle squadre mobili di Verona e Bergamo

Un pool di investigatori delle squadre mobili di Verona e Bergamo, ha messo la parole fine alla carriera di una banda di 6 persone specializzata in spaccate in gioielleria, che nel corso del 2015 aveva messo a segno 6 colpi in tutta Italia, 3 dei quali in concorso con altri malviventi. Un'attività laboriosa e complessa, che si è conclusa con l'arresto dei criminali avvenuto l'8 febbraio 2017 e la loro conseguente incarcerazione. 

A questo gruppo criminale vengono attribuiti soprattutto tre colpi messi a segno nel mese di febbraio 2015, in 3 gioiellerie situate a Verona, Prato e Bergamo, che hanno causato complessivamente un danno di 1 milione e mezzo di euro

I COLPI - Il primo è stato messo a segno il 2 febbraio, intorno alle 3.30 di notte, nella gioielleria Stevanella di via San Nazaro a Verona. I criminali, con passamontagna e guanti, erano riusciti a forzare la saracinesca e a sfondare la vetrina a colpi di mazza, provocando un boato che aveva svegliato anche i vicini, i quali però riuscirono solamente a vedere quattro persone incapucciate e ad avvisare il 113, mentre i ladri s'impossessavano di gioielli e orologi per un valore complessivo di 150mila euro, per poi fuggire a bordo di potenti auto. Proprio uno di questi veicoli, una Mercedes Classe C sw AMG, era stato inquadrato da una delle telecamere, ma la targa risultava essere stata rubata poco prima a Sona insieme ad un'altra, che è stata posta sul secondo veicolo. 

La seconda spaccata invece è stata commessa a Prato la notte del 15 febbraio, con un modus operandi pressoché identico: quattro persone a volto coperto infatti hanno sfondato con un'ascia la vetrina della porta d'ingresso, per poi entrare ed appropriarsi di tutti i preziosi esposti. Con in mano un bottino da circa 50mila euro, i malviventi si sono poi allontanati a bordo dei loro veicoli, riuscendo anche stavolta a dileguarsi.

Il terzo furto è stato commesso la notte successiva, quella del 16 febbraio, a Bergamo. I soliti quattro individui a volto coperto stavolta, per svaligiare un'importante gioielleria del centro, hanno utilizzato una Fiat Marea rubata poco prima come ariete e hanno sfondato la porta d'ingresso. Una volta entrati, in 4 minuti si sono appropriati di gioielli e orologi per un valore di circa 1 milione di euro, per poi scappare ancora a bordo delle solite potenti auto, con altre due targhe rubate poco prima. 

LE INDAGINI - Anche nell'ultimo colpo però, la telecamera ha inquadrato la Mercedes vista anche nei furti precedenti, commessi tra l'altro con modalità molto simili. Capendo quindi che c'erano le stesse persone dietro tutte e tre le spaccate, l'Autorità Giudiziaria ha deciso di costituire un pool di uomini di Verona e Bergamo presso la Squadra Mobile scaligera, coordinati dal Servizio Centrale Operativo di Roma. 
L'attenzione degli investigatori si è subito concentrata sui filmati delle telecamere, pubbliche e private, di Verona e Bergamo: ore e ore di visione delle immagini alla ricerca di un filo conduttore, di un qualcosa che potesse ricondurli agli autori dei colpi e che gli permettesse di ricostruire il percorso da loro effettuato. La prima cosa che viene notata, è che la Mercedes vista in precedenza aveva un'ammaccatura sopra il parafango posteriore sinistro che la distingueva dalle altre. 

La svolta però arriva quando gli investigatori entrano in possesso del filmato di videosorveglianza di una telecamera privata, che aveva ripreso l'auto in questione mentre entrava in città la sera del 31 gennaio, probabilmente per un sopralluogo, con la sua vera targa. Da lì sono partiti tutti gli accrtamenti del caso, che hanno condotto gli inquirenti ad appurare che il veicolo risultava essere di proprietà di un prestanome di Roma, che aveva intestate a sè decine e decine di vetture. Un controllo eseguito dalla Polizia capitolina però, ha permesso loro di scoprire i nomi di due delle persone che si trovavano a bordo del veicolo e che poi sarebbero state arrestate: due uomini di etnia rom residenti a Roma. Una telecamera dell'autostrada del Lazio invece ha filmato la Mercedes dopo che questa non aveva pagato il pedaggio la notte del furto di Verona, permettendo alle forze dell'ordine di risalire con esattezza anche al secondo mezzo utilizzato dalla banda che nell'occasione la seguiva: un'Audi S4 sw. 

A quel punto è partita la seconda fase dell'indagine, caratterizzata dall'analisi di migliaia di report telefonici e dall'ascolto delle intercettazioni, che hanno permesso di identificare tutti i componenti della banda. Questi avevano base a Roma e Napoli, da dove partivano in trasferta verso varie città d'Italia, dove mettevano a segno nel giro di pochi minuti furti di grande valore. Le indagini inoltre hanno rivelato che alcuni di loro avevano partecipato ad altre spaccate, andate a bersaglio con le stesse modalità, ai danni delle gioiellerie di Pedaso (Ascoli Piceno) e Milano Marittima (Ravenna) nel maggio 2015 e di Pulsano (Taranto), nel giugno dello stesso anno. 

Concluse le indagini il pm, la dottoressa Rinaldi, ha ottentuto dal gip del tribunale di Verona, la dottoressa Donati, le misure cautelari che hanno portato all'arresto di: J. A., 37enne residente a Roma e nato in ex Jugoslavia; F. B. (detto Benjo), 32enne residente a Roma e nato in ex Jugoslavia; L.P., 32enne residente a Roma e nato in ex Jugoslavia; K. R. (detta Kati), 29enne domiciliata a Bussolengo e nata in Romania; A. S. (detto Alvi), 31enne domiciliato a Giuliano in Campania (Napoli) e nato in ex Jugoslavia; A. S. (detto Leo), 35nne domiciliato a Tivoli (Roma) e nato in ex Jugoslavia. 

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A parte la giovane residente nel veronese, che ha partecipato al sopralluogo nella gioielleria Stevanella, gli altri criminali hanno tutti alle spalle alcuni precedenti. Tutti gli arrestati si trovano ora in carcere a Verona, Roma o Napoli, a disposizione dell'Autorità Giudiziaria scaligera. 

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